C’è chi comincia a dirlo. L’aggressività del Dragone comincia a calare, nonostante i dati a due cifre restino impressionanti per chi del gigante conserva la memoria e la cultura. Segnali in chiaroscuro dall’economia dalla Cina, che in qualche misura ridimensionano le indicazioni positive sulle prospettive dell’economia globale giunte nelle ultime settimane dagli Stati Uniti.
Secondo alcuni economisti non vi è stata alcuna vera ripresa nel gigante asiatico e intanto un’altra agenzia di rating mette in guardia dalla crescita del sistema bancario parallelo, o “ombra”, cui sta assistendo la Cina. Un fattore potenzialmente rischioso perché difficile da governare, e che valendo ormai più della metà di tutta l’economia reale ha un grande potenziale destabilizzante.
Intanto ad aprile la produzione della gigantesca industria cinese è crescita del 9,3 per cento su base annua, secondo l’agenzia di statistica nazionale, che per quanto sia un valore sostenuto, e superiore al più 8,9 per cento di marzo, ha in parte deluso le attese perché in media gli analisti stimavano un più 9,5 per cento. Nel frattempo i consumi hanno mostrato una ripresa solo marginale: sempre ad aprile le vendite del commercio al dettaglio hanno registrato un più 12,8 per cento su base annua, contro il più 12,6 per cento di marzo.
“Questo non è l’inizio di un rally – hanno avvertito Ren Xiafang e Alistar Thorton, economisti di IHS Global Insight – è un rantolo asfittico di una dinamica che continua a rallentare”. Gli indicatori sugli investimenti infrastrutturali, voce prevalentemente alimentata da interventi pubblici, hanno segnato indebolimenti. E questo andamento potrebbe risultare accentuate dai provvedimenti delle autorità volti a arginare le impennate dei prezzi nell’immobiliare.