Al via la raccolta delle firme per il presidenzialismo di “Scegliamoci la repubblica”. Dopo i primi passi dell’iniziativa animata dal costituzionalista Giovanni Guzzetta, la petizione si trasforma in ddl, con gradimenti bipartisan e speranze (vere) di cambiamento. Ma il giurista, con Formiche.net, si mostra prudente dopo i fallimenti del passato e avverte: “In Italia lo spread tra le parole e i fatti è a livelli record”.
Scegliamoci la Repubblica: come procede la petizione che ha lanciato per il presidenzialismo?
La petizione nel frattempo si è trasformata in un vero e proprio disegno di legge di riforma costituzionale, per l’introduzione del presidenzialismo alla francese, con un sistema elettorale a doppio turno di collegio di tipo uninominale e maggioritario: con la fine del bicameralismo e la riduzione del numero di parlamentari elettoralmente eletti. I tempi della campagna sono relativamente rapidi, nel senso che una volta pubblicata in Gazzetta Ufficiale la notizia dell’iniziativa, potremo darvi avvio. E in sei mesi raccogliere un minimo di 50mila firme, ma contiamo di averne molte di più. Riscontro una grande domanda e disponibilità nel Paese, come dimostra anche il numero di adesioni sul nostro sito da parte di personalità e di semplici cittadini appartenenti a tutti gli schieramenti politici.
Chi sono i vostri alleati in questa battaglia?
Innanzitutto i cittadini. Sfido chiunque a trovare qualcuno che preferisce un Capo dello Stato eletto dai franchi tiratori o dalle convulsioni di qualche partito che scarica sulle istituzioni le proprie difficoltà, e non invece direttamente dagli stessi cittadini. Sulla carta, tra i sostenitori del presidenzialismo, ve ne sono moltissimi: tutto sta a vedere cosa prevale tra quanto viene dichiarato in talk show e libri e quanto poi attuato. Un primo elenco? Da Veltroni ad Alfano, da Berlusconi a Renzi.
Premier Letta e ministro delle Riforme le hanno mostrato interesse per la petizione?
Non ho ancora parlato direttamente con nessuno dei due, mi auguro però che apprezzino lo spirito costruttivo dell’iniziativa. Se, come sono certo, saranno consapevoli del numero di fallimenti che hanno preceduto questo ennesimo tentativo, dovrebbero compiacersi del fatto che i cittadini intendono stimolare la politica a cambiare.
É di oggi l’apertura del Pdl a Rodotà nel comitato dei saggi: ma occorre proprio una Convenzione per fare le riforme?
Chiederlo ad un tecnico come me significa conoscere già la risposta. Non dirò mai che i tecnici sono inutili, ma è chiaro altresì che il problema è di tipo politico. L’Assemblea costituente è durata meno dei diciotto mesi che Letta ha previsto per la fase iniziale della discussione. La riforma dell’articolo 81 fu fatta in cinque mesi. Se ci sarà la volontà politica, anche con l’ausilio dei tecnici, si potrà giungere ad una conclusione positiva. Né penso che Letta si faccia illusioni sul fatto che allargare i tempi della riforma sia un buon alibi per la durata dell’esecutivo. É la storia a dimostrarlo: i processi di riforme costituzionali non hanno mai allungato la vita dei governi, in genere accade il contrario.
Il prof. Giorgio Galli da queste colonne ha detto che è inutile dissertare di semipresidenzialismo adesso, perché il Pdl ha la convenienza elettorale a tenersi il Porcellum: si torna al punto di partenza?
Penso invece che quel sistema sia la soluzione da realizzare il prima possibile. Che vi sia il rischio di tornare al punto di partenza è nell’ordine delle cose: la storia degli ultimi 50 anni dimostra che nessuna riforma significativa dell’assetto di governo è stata mai fatta in questo paese.
Al netto della sua esperienza pluriennale, tra iniziative, petizioni e verve riformatrice, che quadro si è fatto dei tecnici italiani? Riformatori solo a parole?
Penso che tutte le grandi trasformazioni siano state precedute da tempi di incubazione. Persino la rivoluzione francese, che è cosa molto più significativa, al cospetto della storia è stata preceduta da decenni di riflessioni e dibattiti che potevano apparire sterili o inutili. Credo che le buone idee, quando si pongono sul versante corretto della storia, riescono in seguito ad imporsi, contaminando la cultura politica.
Negli ultimi giorni non sono mancati spunti di cambiamento: l’assemblea di Fare per Fermare il declino, l’editoriale di ieri di Montezemolo e la nuova segreteria del Pd. Sono nuovi e veri interlocutori per le riforme?
Non ho elementi per rispondere. Quello che constato, a livello generale e senza alcun riferimento diretto, è che in Italia lo spread tra le parole e i fatti è a livelli record. Forse se avessimo meno paura e fossimo dotati di più pragmatismo potremmo risolvere molti gravi problemi.
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