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Chi sono i cardinali che chiedono a Papa Francesco la chiusura dello Ior

C’era attesa per la pubblicazione del primo rapporto dell’Aif, l’autorità di informazione finanziaria della Santa Sede (qui il testo integrale), l’organismo di sorveglianza voluto a fine 2010 da Benedetto XVI per adeguarsi alle norme comunitarie contro il riciclaggio dei capitali. A guidare l’Aif il Papa oggi emerito volle il cardinale Attilio Nicora, già presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede apostolica e incaricato di studiare un progetto di riforma della Curia romana passato poi sul tavolo di Papa Francesco.

“Il Vaticano non è un paradiso fiscale”
Nel corso della conferenza stampa che si è svolta stamattina nell’aula Giovanni Paolo II della sala stampa in via della Conciliazione, il direttore René Brülhart ha reso noto che nel corso dell’ultimo anno vi sono state sei segnalazioni riguardo attività sospette avvenute entro le mura leonine. Due, ritenute più fondate, sono state trasmesse al promotore di giustizia vaticano che procederà con le indagini. L’anno prima, ha aggiunto Brülhart, c’era stata “soltanto una segnalazione”. Tutte le transazioni sospette riguardano l’Istituto per le Opere di Religione, lo Ior. “Il fatto che le segnalazioni sono aumentate”, ha detto il direttore dell’Aif, “è il segnale che il sistema dei controlli ha cominciato a funzionare”. Ribadita anche la volontà di collaborare con le autorità italiane: “Lo Ior non è una banca commerciale, e il Vaticano non è un paradiso fiscale. La Santa Sede è un partner credibile nella lotta internazionale contro il riciclaggio”.

Ior opaco
Sulle attività dello Ior si sono accesi in modo prepotente i riflettori durante le congregazioni generali che hanno preceduto il Conclave. Tra un intervento e l’altro, molti porporati avevano chiesto al segretario di Stato Tarcisio Bertone di chiarire gli aspetti più controversi di quanto avveniva nel torrione di Niccolò V, la sede della banca: conti anonimi cifrati che mai erano stati ispezionati, movimenti opachi legati a grandi affari nel campo della sanità, scarsa trasparenza. Su tutto, poi, il sospetto sempre aleggiante di rapporti stretti negli anni con Cosa Nostra.

Le accuse a Bertone
A insospettire tanti cardinali (per lo più non italiani) era stata l’accelerazione subita dal procedimento di selezione del nuovo presidente dello Ior (scelta caduta sul nobile tedesco Ernst Von Freyberg) dopo l’annuncio delle dimissioni di Ratzinger, benché la carica fosse vacante da quasi un anno dopo l’allontanamento di Ettore Gotti Tedeschi. Altro punto controverso ha riguardato la sostituzione del cardinale Nicora dalla commissione cardinalizia di vigilanza sulle attività dell’istituto bancario: al suo posto, infatti, lo scorso 16 febbraio – cinque giorni dopo la rinuncia al Soglio – Benedetto XVI ha nominato il cardinale Domenico Calcagno, bertoniano di ferro.

I cardinali che vogliono la chiusura dello Ior
E’ stato il cardinale brasiliano Joao Braz de Aviz, uomo di curia e prefetto della congregazione per gli Istituti di vita religiosa, a essere stato il più duro contro la gestione dello Ior nell’éra-Bertone. Critiche ribadite, proprio alla vigilia del Conclave, anche dall’arcivescovo di Abuja, il cardinale nigeriano John Onaiyekan: “Non so se San Pietro aveva una banca. Lo Ior non è fondamentale, non è sacramentale e non è dogmatico”, aveva detto. E anche un fedelissimo di Ratzinger, il primate austriaco Christoph Schönborn aveva auspicato la necessità di discutere quantomeno la possibilità di stipulare una convenzione con una banca etica o con un istituto esterno al Vaticano.

L’incidente diplomatico di Francesco
Un possibile ridimensionamento dello Ior era stato dato per imminente dopo le parole di Papa Francesco pronunciate il 24 aprile scorso durante la consueta omelia a braccio nel residence di Santa Marta: “Tutto è necessario, gli uffici sono necessari, ma fino a un certo punto. Ci sono quelli dello Ior, scusatemi eh”, aveva detto Bergoglio. Una frase che aveva fatto ipotizzare gli osservatori che il Pontefice fosse pronto a mettere mano al dossier della banca vaticana. Qualche giorno dopo, però, era intervenuta direttamente la segreteria di stato tramite il sostituto, monsignor Giovanni Angelo Becciu, a smentire tutto: “Il Papa è rimasto sorpreso nel vedersi attribuite frasi che non ha mai pronunciato e che travisano il suo pensiero”.


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