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Travaglio svela gli errori di Grillo e dei 5 Stelle

Le critiche, si sa, è meglio riceverle dagli “amici”. E la batosta che il Movimento 5 Stelle ha subito alle elezioni comunali è di quelle che fanno male. Marco Travaglio, una delle firme di punta del Fatto Quotidiano, giornale vicino al mondo grillino, dedica oggi un editoriale che non lesina appunti alle mosse sbagliate di Beppe Grillo.
Il giornalista analizza punto per punto le cause della débacle alle amministrative, che addebita a una serie di errori del leader, degli eletti e della base dei 5 Stelle.

LA PAURA DEL “COMPLOTTO”
Per l’ex cronista del Giornale diretto da Indro Montanelli e già firma del settimanale Il Borghese diretto da Daniele Vimercati, il movimento ha sbagliato a comunicare all’esterno i suoi intenti. “Un movimento giovane e radioso, aggressivo ma sorridente – rileva – ha assunto via via una mutria ringhiosa, rancorosa, sospettosa, difensiva. Contro i nemici veri ma prevedibili e contro nemici immaginari (il complotto interno dei traditori, le congiure dei partiti per spaccare i 5 Stelle, le macchinazioni dei giornalisti, tutti cattivi a prescindere e servi per definizione)“.

NO ALLA TELEVISIONE
Secondo Travaglio, “la scelta di Grillo di non mettere piede in tv e di costringere le tv a occuparsi di lui, azzeccata nella campagna per le politiche, è stata un suicidio in quella delle comunali: lì i comizi contro “Pdl e Pdmenoelle” lasciano il tempo che trovano. Chi vota vuol conoscere i candidati e i programmi. Se no gli schifati votano Grillo alle politiche e alle comunali si astengono”.

L’ANONIMATO DEI PORTAVOCE
Uno vale uno” è un motto del movimento, ma per il giornalista torinese non può funzionare sempre. “Il non-partito col non-statuto – scrive nel suo editoriale – ha dei non-candidati, degli anonimi “portavoce”. Che possono andar bene per opporsi in Parlamento, ma sono totalmente inadatti per l’elezione diretta e personalizzata dei sindaci. De Vito, a Roma, si presentava ai dibattiti tv leggendo un foglietto prestampato: anche se leggeva il Vangelo, levava la voglia di votarlo a chiunque non appartenga allo zoccolo duro del Movimento, che non supera il 10% (il resto è voto di opinione e va conquistato ogni volta)“.

I due primi capogruppo grillini: Vito Crimi (Senato) e Roberta Lombardi (Camera)

INCOMPRESI DAI CITTADINI
Travaglio critica anche le scelte nazionali di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, a cominciare dall’immagine offerta a tutti gli italiani durante gli incontri trasmessi in diretta web. A nuocere al movimento sono stati in primo luogo “i balbettii delle consultazioni al Quirinale e degli incontri in streaming con Bersani e Letta quando i 5 Stelle non riuscirono a far capire la loro proposta di un governo fuori dai partiti con Rodotà, o Zagrebelsky, o Settis”. E per il cronista “consentirono alla black propaganda anti-Grillo di addossargli la colpa dell’inciucio Pd-Pdl, già deciso la sera del voto, e di oscurare la bellissima candidatura di Rodotà al Quirinale”.

UNA MEDIOCRE CLASSE DIRIGENTE
Infine Travaglio punta il dito contro la selezione della classe dirigente grillina, che a suo dire farebbe emergere profili tutt’altro che adatti al ruolo. E genera il problema delle discusse partecipazioni ai talk show o delle diarie. “Il sistema di selezione, con le parlamentarie nazionali online e con la votazione locale dei meet-up – commenta il giornalista – tiene alla larga impresentabili, corrotti e riciclati, ma porta a galla troppi personaggi mediocri, se non addirittura imbarazzanti. Quella che piagnucola perché vuole andare a Ballarò (Federica Salsi, ndr), quello che campeggia dalla D’Urso (Marino Mastrangeli, ndr), quelli che alla prima busta paga si fanno la pipì addosso e scatenano la rivolta della diaria. Consultare gli iscritti è fondamentale, ma necessita di un filtro successivo: meglio escludere qualcuno prima che espellerlo poi”.

La Grillo Story di Marco Travaglio (fonte video: Servizio Pubblico)


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