“Dal 1° ottobre sarà attivo il sito dello Ior. Pubblicheremo il bilancio e avremo un regolare rapporto con i media”. Controlli continui anche sui 18.900 conti. A dirlo è il presidente dell’Istituto per le opere di religione, Ernst von Freyberg, in un’intervista rilasciata alla stampa internazionale. Al Corriere della Sera rivela la necessità di “comportarsi come ci si aspetta da ogni altra istituzione finanziaria”.
E’ la prima volta che von Freyberg parla con i media dopo la nomina (a sopresa) dello scorso febbraio decisa da Benedetto XVI e frutto di mediazioni tra le varie correnti curiali in campo capeggiate dai cardinali Bertone e Sodano.
Il presidente dello Ior assicura che con l’Autorità di informazione finanziaria (Aif) della Santa Sede c’è completa intesa e che l’obiettivo da raggiungere è lo stesso: più trasparenza e migliore reputazione, rimarca al Financial Times. Ecco perché il sistema organizzato dall’Aif funziona e inizia a dare i primi risultati: “Nessuna transazione sospetta, nessun cliente improprio e volontà di essere contro chiunque sia coinvolto in attività improprie”, spiega von Freyberg.
Sistema a tolleranza zero
Solo così è possibile scovare tutte le attività sospette (sei nel corso dell’ultimo anno, aveva detto il direttore dell’Aif René Brülhart in una conferenza stampa a margine della pubblicazione del primo rapporto dell’Autorità di informazione finanziaria, dieci giorni fa) e agire di conseguenza. Su questo, però, il presidente dello Ior si mostra più cauto, parlando con la Radio Vaticana: “Non sono illeciti, ma sospetti. E questo dimostra come il nostro sistema di monitoraggio interno incomincia a funzionare. Significa che siamo diligenti e che abbiamo identificato alcune transazioni che riteniamo inappropriate”.
Nessun incontro con il Papa
Von Freyberg assicura di non aver mai parlato dello Ior con Papa Francesco. “L’ho incontrato solo quando ho partecipato alla messa a Santa Marta”, dice. Ma non è un mistero che Jorge Bergoglio voglia più trasparenza dalla Banca vaticana. Lo ha fatto intendere in una delle sue omelie mattutine di fine aprile – oggetto di successive precisazioni e rettifiche da parte della Segreteria di Stato – quando (parlando a braccio) lasciò intendere che l’istituto andava riformato, anche perché troppo burocratico. Nel corso delle congregazioni generali prima del Conclave, poi, proprio la situazione dello Ior era stata una delle più dibattute. Più di un cardinale (il nigeriano Onaiyekan e l’austriaco Schönborn su tutti) aveva anche prospettato la possibilità di chiudere l’istituto: “San Pietro non aveva una banca. Lo Ior non è fondamentale, non è sacramentale e non è dogmatico”, disse allora l’arcivescovo di Abuja.
“Non siamo una banca”
L’operato del cardinale Bertone (presidente della commissione cardinalizia di sorveglianza sulle attività dell’istituto) è stato al centro di duri interventi fatti da numerosi porporati, spesso non italiani. Bergoglio, fin dal suo primo giorno, rimarca come il suo programma pastorale sia focalizzato a dar vita a una chiesa povera per i poveri, il che è in palese contrasto con una banca accusata di essere un paradiso fiscale. Von Freyberg invita a non considerare lo Ior una banca: “Non prestiamo denaro, non facciamo investimenti diretti, non operiamo da controparte finanziaria. Non speculiamo in valuta o merci. Il nostro pirincipio è che riceviamo denaro e lo investiamo in titoli di Stato, in alcune obbligazioni societarie e nel mercato inter-bancario”, sostiene nell’intervista concessa alla Radio Vaticana.
Le prossime mosse: l’accorpamento degli uffici finanziari
Sarà dunque l’adeguamento dello Ior agli standard internazionali il primo passo verso quella maggiore trasparenza degli organismi operanti oltretevere invocata da più parti negli ultimi tempi. Solo in un secondo momento si passerà a riformare la struttura curiale, ormai datata. Una delle ipotesi più ricorrenti e caldeggiate riguarda l’unificazione degli organismi finanziari. Attualmente sono operanti l’Autorità di informazione finanziaria, presieduta dal cardinale Attilio Nicora, la Prefettura degli affari economici della Santa Sede guidata dal cardinale bertoniano Giuseppe Versali e l’Amministrazione del Patrimonio della Sede apostolica, il cui presidente è il cardinale (anch’esso riconducibile al Segretario di stato) Domenico Calcagno.
Troppa burocrazia, per Francesco. Troppi uffici, troppi uomini impegnati in strutture che rendono la chiesa più un’organizzazione sterile che una storia d’amore. Ecco perché, più che a uno spoil-system, i prossimi mesi potrebbero vedere un accorpamento di dicasteri e un dimagrimento dell’ormai insostenibile macchina governativa vaticana.