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E intanto l’Europa si divide sulle lobby

Ieri ho pubblicato un articoletto su ItaliaOggi. Nel pezzo metto a confronto due indagini recenti fatte in Europa sul tema lobby. Alla prima ha lavorato Burson-Marsteller ed è già conclusa (leggi Qui). Una ricerca ottima, che offre una panoramica interessante sul quadro europeo. La seconda è ancora in corso. L’ha organizzata l’OCSE, si chiuderà a fine settimana e verrà presentata a Parigi a fine mese.

Le due ricerche hanno molte cose in comune. Due su tutte: l’essere propositive e il mettere in evidenza una certa diversità di vedute sul tema lobby. Propositive perché sono state commissionate e realizzate per sollecitare sia i governi europei (non solo quello italiano) che l’Europa a intervenire – o intervenire meglio – sul tema. Di diverse vedute perché tra le tante cose fanno emergere anche una diversità di vedute su come regolare il tema. é il segno che il dibattito è vivo o che il problema cambia radicalmente a seconda del punto di vista di chi lo guarda?

Ecco qui un estratto del pezzo:

Politici da una parte, lobbisti dall’altra: entra nel vivo il dibattito europeo sulla riforma delle lobby. Lunedì Burston Marsteller ha presentato l’ultima ricerca sulle regole da dare alle lobby. Il prossimo appuntamento è fissato per il 27 giugno, quando l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico presenterà i risultati del sondaggio che sta svolgendo sulla lobby in Europa.

Le opinioni però divergono. Lo conferma il parziale diffuso a inizio settimana dall’OCSE, con il caso emblematico della trasparenza. Da una parte, aumentano i lobbisti favorevoli a regole più trasparenti. Nel precedente sondaggio, del 2010, erano la metà del campione. Oggi superano il 60% (addirittura 90% nello studio di Burston Marsteller). Dall’altra però manca l’accordo sul contenuto da dare alla trasparenza. Spiega l’OCSE che su 10 lobbisti, 9 chiedono più trasparenza nei nomi dei professionisti e delle aziende. Idea che raccoglie un consenso tiepido tra i parlamentari (57% del campione). Se il 41% dei lobbisti chiede più trasparenza sul contenuto degli atti normativi prima della loro approvazione, tra i parlamentari solo il 14% è disposto a battersi per questa causa.

Le questioni più delicate da risolvere restano tre: quali regole dare alle lobby, cosa fare dei codici di condotta e come intervenire sulle “porte girevoli”. Il 57% dei parlamentari e il 51% dei lobbisti affiderebbero a strutture governative il compito di disciplinare i lobbisti e vigilare sulla loro attività. Il problema è che mentre 3 lobbisti su 10 sono favorevoli all’auto-regolamentazione, nessun parlamentare è favorevole all’autodichia. Sette su 10 la considerano addirittura controproducente.

I codici di condotta incassano il giudizio positivo della maggioranza degli intervistati. Con una perplessità: pochi li giudicano efficaci come deterrente. Per il 61% il rispetto delle regole deontologiche non porta alcun beneficio concreto e, in ogni caso, violare una norma deontologica non dà quasi mai luogo a sanzioni.

Tutto da rifare, infine, sulle revolving doors. Una parte degli intervistati (il 13%) giudica troppo stringenti le regole che disciplinano il passaggio da un incarico politico a uno lobbistico e le vorrebbe più “soft”. Il 25% crede invece che siano troppo permissive, e auspica un giro di vite. La maggioranza, il 63% del totale, è concorde nel giudicarle del tutto inadeguate.


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