Si alza forte dal centrodestra il suono di un requiem cantato all’unisono. All’indomani dal poco confortante risultato dei ballottaggi difficile trovare voci soddisfatte nel partito di Silvio Berlusconi.
La sconfitta di questa tornata – nelle città, compresa Roma, il Pd batte il Pdl 16 a 0 – ha infatti più un valore simbolico, che politico: mentre a livello nazionale il Pdl pare tenere saldamente in mano le redini dell’agenda di governo, a livello locale arranca, pagando forse lo scotto di essere troppo “Berlusconi-centrico”.
Perché se è vero che da un lato l’ex premier rappresenta ancora l’amalgama di un centrodestra altrimenti frazionato e senza leader, dall’altro tende involontariamente a cannibalizzare tutto ciò che lo circonda.
Ma il giorno dopo questa cocente sconfitta, pur senza voler rinunciare al supporto del Cavaliere, la parola d’ordine nel Pdl è “cambiamento”.
LA RABBIA DI ALFANO
È un Angelino Alfano imperscrutabile quello che commenta i risultati delle amministrative. Da un lato ci tiene a rassicurare l’esecutivo, sostenendo in un’intervista al Foglio che “il governo di larga coalizione vive obiettivamente oltre il perimetro delle battaglie amministrative parziali”.
Poi, però, smorzando l’entusiasmo del premier Enrico Letta che aveva detto come il risultato delle amministrative “rafforzi il governo”, ha tagliato corto, chiedendo al presidente del Consiglio di darsi da fare e individuare una missione comune per portare il Paese fuori dal pantano delle crisi, invece di discolparsi di continuo davanti al proprio elettorato per aver fatto un governo di larghe intese con il centrodestra.
Dietro i cambi di rotta “nervosi” del segretario del Pdl c’è forse il risultato poco felice della tornata elettorale, la cui responsabilità politica ricade soprattutto sulle spalle. È da tempo che il falchi del Pdl chiedono la testa del coordinatore del partito, scontenti della linea troppo morbida adottata nell’esecutivo di salute nazionale. Alle spalle di Alfano si muove da tempo un’altra proposta per la guida del partito, che prendo corpo giorno dopo giorno.
I rumors, rilanciati oggi dai quotidiani, danno in ascesa il nome del già ministro della Coesione territoriale e governatore della Puglia, il 44enne Raffaele Fitto, stimato da Berlusconi e dalle diverse anime del partito. Potrebbe essere lui l’uomo giusto per prendere il testimone da Alfano e rinnovare il Pdl?
Il deputato del Pdl, l’ex ministro Raffaele Fitto
L’APPELLO DI GALAN
Il deputato del Pdl Giancarlo Galan non usa mezzi termini per commentare il risultato elettorale. È una sconfitta “dei candidati del Pdl, non del Pdl, perché basta vedere i sondaggi: Silvio Berlusconi vince. Ma non i candidati: il che vuol dire che sì, è una debacle vera”, sottolinea, auspicando per il partito un “ritorno” allo spirito del ‘94.
“Già alle politiche – sostiene l’ex ministro e presidente del Veneto in un’intervista alla Stampa – abbiamo nascosto la nostra crisi dietro la performance eccezionale di Berlusconi. Se non fosse sceso in campo lui a fare la rimonta, stavamo messi così”. Il “dramma” – conclude – è che vince solo Berlusconi, “è ora di cambiare da molto tempo a questa parte, ma lo abbiamo sempre voluto nascondere”.
L’EPITAFFIO DI SCAJOLA
Provato nello spirito e – dopo le note vicissitudini giudiziarie – anche nella sua carriera politica, l’ex ministro Claudio Scajola commenta l’esito delle elezioni amministrative da osservatore “esterno”.
“La sinistra – spiega in un’intervista al Corriere della Sera – ha struttura di territorio, pur nelle difficoltà. Nel centrodestra c’è solo Berlusconi… Quando si è orfani di Berlusconi, non c’è il paragone di una struttura con regole proprie, capace di selezione della classe dirigente”. E la colpa, sottolinea Scajola, è “dell’attuale legge elettorale”, il cosiddetto Porcellum. “Le astensioni – rimarca l’ex ministro del Pdl, “sconfitto” nella sua Imperia – sono tutte nostre. L’elettorato di centrodestra esiste. Ma quando è orfano di Berlusconi resta a casa”. Poi una stoccata alla vecchia guardia del Pdl e al segretario Angelino Alfano: “Serve un nuovo modello di partito, partecipato, e non chiuso com’è ora”.
UN PDL SCHIZOFRENICO
Parla di un partito “schizofrenico” Fabrizio Cicchitto, presidente della Commissione Esteri della Camera, intervistato dal Messaggero.
Secondo il suo giudizio, l’astensionismo alle amministrative ha colpito in particolare il Pdl perché da un lato ha “la leadership carismatica di Berlusconi” e “dall’altro un partito ai livelli regionali e locali che deve ancora strutturarsi sul territorio”.
Alla spalle di alcuni risultati, lamenta Cicchitto, “una crisi profonda del mondo di destra”.
IL COMMENTO DI BELPIETRO
Critica l’analisi del direttore di Libero, Maurizio Belpietro. In un editoriale parla di “débâcle” e sottolinea quanto per lui sia evidente che durante le elezioni “i dirigenti del Pdl e della Lega, sia gli aspiranti sindaci che coloro i quali li hanno scelti, non sono stati all’altezza della situazione”.
Da Belpietro anche appunti costruttivi, con la decisa invocazione di un rinnovamento. “Imperia, Treviso, Roma sono la testimonianza che gli elettori non hanno visto volti nuovi o segnali di cambiamento, ma solo il passato che torna. Ed essendo appunto gli uomini messi in lista il simbolo di un tempo ormai trascorso, gli italiani hanno deciso di voltare pagina, chiudendo un capitolo”.
Amministrative: 16-0 per il centro-sinistra (fonte video: Euronews)