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Lobby gay in Vaticano tra nomi, sorprese e critiche

Un leak più grande di questo forse non c’è, tenta di sdrammatizzare con un sorriso un monsignore che frequenta i Sacri palazzi. Due giorni dopo la divulgazione delle frasi del Papa su lobby gay, riforma della curia, rapporto degli ordini religiosi con la congregazione della dottrina della fede e critica al pelagianesimo, l’imbarazzo non accenna a diminuire.

Innanzitutto perché non si tratta più di ricostruzioni giornalistiche, fughe di notizie sulla cui veridicità si poteva avanzare dubbi o sospetti. Questa volta le frasi, chiare e inequivocabili, arrivano direttamente dalla voce del Pontefice, “anche se forse non proprio in quei termini”, osserva uno sconsolato monsignore interpellato da Andrea Tornielli per La Stampa. E’ vero altresì che, come sostiene il vaticanista dell’Espresso Sandro Magister, “non bisogna sottovalutare il contesto. Dopotutto, parlava con persone che conosceva e si limitava a rispondere su domande che gli venivano poste”. Ma è certamente corretto dire che “Francesco ha usato quell’espressione sulla lobby gay per denunciare un problema che esiste realmente”, aggiunge Magister. “Era quindi scontato che si scatenasse un pandemonio”, precisa.

La lobby esiste
Il problema denunciato da Bergoglio nella conversazione – che si voleva privata – del 6 giugno scorso con i vertici della Conferenza latinoamericana del religiosi è noto da tempo, in Vaticano. Molto si era detto nei mesi scorsi, dopo lo scoppio del caso Vatileaks e nelle settimane successive alla rinuncia di Benedetto XVI. Storie di ricatti, di gruppi organizzati che lavoravano di concerto per ottenere avanzamenti di carriera negli uffici della curia. Secondo indiscrezioni, poi, i nomi dei presunti lobbisti erano stati inseriti nella relatio presentata dalla commissione cardinalizia d’inchiesta voluta da Ratzinger e a quest’ultimo consegnata lo scorso dicembre. Faldoni che Benedetto XVI lesse e poi secretò, disponendo che solo il successore, una volta eletto dal Conclave, potesse avervi accesso. “Le correnti, le ripicche e la corruzione interna esistono da tempo ed estirparle non è facile”, sottolinea Gianfranco Girotti, reggente emerito della Penitenzieria apostolica, intervistato da Paolo Rodari per Repubblica. D’altronde, già l’allora decano del collegio cardinalizio, Joseph Ratzinger, denunciò la “sporcizia interna” alla chiesa durante la Via Crucis al Colosseo nel 2005.

L’imbarazzo in Curia
Il Papa ha quindi solamente scoperchiato un vaso di Pandora, sottolineano da più parti, anche se non si aspettava che un sito cileno vicino alla Teologia della Liberazione, “Reflexión y Liberación” pubblicasse la trascrizione pressoché integrale delle parole da lui pronunciate. “Fino a oggi il contenuto delle conversazioni private tra il Pontefice e i suoi interlocutori è rimasto quasi sempre segreto”, dice Magister, che aggiunge: “Francesco parla liberamente, ma chiede agli ospiti che quanto detto non esca da quella stanza”. Era dunque abbastanza scontato che prima o poi si creassero delle difficoltà. Naturale è anche l’imbarazzo della Sala stampa vaticana, che nella persona del suo direttore, padre Federico Lombardi, si è limitata a “non commentare il contenuto di un incontro privato”. Un silenzio che sa tanto di conferma.

Come intervenire per estirpare la corruzione
Secondo quanto riportato dal sito cileno, Bergoglio ha anche spiegato che è all’ordine del giorno l’analisi di come intervenire per estirpare quella “corrente di corruzione” che lo preoccupa. Sempre a Repubblica, il cardinale Georges Cottier si dice certo che “a tempo debito” il Papa prenderà le giuste decisioni. Seppure a conoscenza dei problemi e delle lotte di potere interne, fino a oggi Francesco ha preferito non decidere. Nessuna nomina di rilievo, nessuno spostamento, nessun trasferimento. Non ha sostituito neppure il segretario di stato, al centro di polemiche e accuse nei giorni dell’interregno. Bertone sarà rimpiazzato, Oltretevere danno per certo il cambio ai vertici della curia entro l’anno. Ma al momento Bergoglio è ancora nella fase in cui valuta, ascolta, esamina e medita. Alla fine, quel che è certo, è che deciderà lui. Ascolterà gli otto cardinali che compongono la commissione che lo consiglierà “nel governo della chiesa” , ma le scelte più delicate spetteranno al Papa. Anche nella Compagnia di Gesù funziona così (e Bergoglio è stato superiore provinciale in Argentina).


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