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Gezi Park, quella turca non è una primavera

“No, quella turca non è una primavera”, ragiona il direttore del Secolo d’Italia Marcello De Angelis, appena rientrato proprio da Istanbul dove ha voluto rendersi conto di persona dei fatti di Gezi Park. Non lo è, sottolineata l’ex senatore del Pdl, “perché le categorie dell’informazione sono categorie specifiche. Non si può definire regime un governo che tale non è”. Per primavera si è intesa fino ad ora una nozione di cambiamento totale in cui viene abbattuto un regime inamovibile e viene sostituito con una nuova stagione di democrazia, osserva. “In Turchia questo non è, per il semplice fatto che una Primavera c’è già stata alla fine di una lunghissima dittatura militare dando vita ad una democrazia: che, seppur dopo un percorso non semplicissimo, vent’anni fa nel Paese era inimmaginabile”.

Inimmaginabile un caos in Turchia

“L’Islam non come un monolite, ma preda di forti conflitti interni tra sciiti e sunniti: l’idea di una Turchia sull’orlo del caos mi sembra terribile”. É sufficiente osservare una mappa per rendersene conto: ha la peculiarità di essere l’unico Paese contemporaneamente in Europa e in Asia, in Occidente e in Oriente, a nord e a sud. E che rappresenta il canale di trasmissione non solo tra due mari, ma per certi versi tra due o addirittura più mondi. “Una cerniera importante perché nella storia ha rappresentato un elemento di stabilità, anche quando era una terribile dittatura militare preservata dagli Usa in quando considerata la punta avanzata della difesa Nato. Se effettivamente, come qualcuno desidera, la Turchia scivolasse nel caos, a catena genererebbe ripercussioni da un lato fino all’Asia centrale, dall’altro fin in Germania, considerando quanti turchi lì risiedono”.

Il ruolo della cattiva informazione

C’è stata “assolutamente una cattiva informazione”, dettata per certi versi “dagli automatismi del giornalismo europeo, che replica modelli in maniera pigra”. Per cui se vede scontri di piazza, “tende a stare sempre dalla parte dei dimostranti”, ritenendo che esso sia, comunque, un segnale di rinnovamento. “Faccio riferimento a quando, la stessa situazione di Istanbul, si è verificata a Roma con gli Indignados riuniti a piazza, con una suggestione di concentrazione planetaria all’interno della quale si sono inserite ogni genere di gruppi violenti che hanno devastato la Capitale come attualmente stanno facendo in Turchia”.

Gi alleati di Erdogan

“Non è vero che è amico di Iran e Brasile, è stato utilizzato dall’Europa e dall’Occidente per rafforzare un modello di Islam che chiudesse le porte agli islamisti radicali, ad una volontà di potenza nazionale legittima, che si gioca sugli accordi regionali e su una pacificazione con l’Iran”. Va ricordato che la Turchia, fino all’incidente della Freedom flottiglia, era il principale alleato di Israele. “Per cui non ha creato un’amicizia con l’Iran, bensì ha cessato una non dichiarata inimicizia”. Con Brasile ed altre potenze economiche emergenti, ha una comunione di interessi. “C’è un bel volume, non ancora tradotto in italiano, di Charles Kupchan, professore alla Georgetown University, che tratta del mondo di nessuno in cui evidenzia il panorama geopolitico dall’avvento di Obama in poi”. Ovvero non c’è più un mondo unipolare, con un solo modello di democrazia e di sviluppo. “Per cui il mondo, da adesso in poi, dovrà essere in grado di far convivere e far crescere, insieme, modelli differenti senza farseli imporre dall’esterno”. Un passaggio che riguarda anche India e Cina e, probabilmente, anche la Turchia che “è un giocatore prioritario di questa partita”. Dagli esiti quantomai incerti.

Colpa delle lobbies bancarie?

Erdogan lo ha detto dal primo momento: le lobbies delle banche e degli interessi ci ricattano. “Direi che in un primo momento ha accusato Assad e la Siria, di voler destabilizzare la Turchia perché da sempre il partiti turchi, comunista e curdo, (molto presenti in questa protesta di Istanbul) sono stati finanziati dallo stesso Assad”. Ma agli occhi di altri poteri la Turchia sta crescendo “in maniera eccessiva e troppo rapida, e sta pestando loro i piedi”.

twitter@FDepalo


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