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Che cosa deve fare il Pdl per diventare davvero un partito delle libertà

Del fenomeno Silvio Berlusconi gli studiosi si occuperanno a lungo, perché il personaggio è un concentrato di anomalie. In nessuno altro Paese uno come il Cavaliere sarebbe ancora al centro del dibattito politico; in nessun altro Paese un uomo politico di un certo peso, come il leader del Pdl,  sarebbe mai stato oggetto di una vera e propria persecuzione giudiziaria con l’obiettivo di farlo sparire di scena.

Berlusconi è un problema politico, non giudiziario

Paradossalmente le anomalie si elidono tra loro da circa un ventennio perché è tanto evidente l’improponibilità di Berlusconi come leader di un Paese, quanto è palese l’inaccettabilità di un uso così sfacciatamente distorto della giustizia. Berlusconi è sicuramente un problema politico, ma non giudiziario. Il ritratto più realistico del Cavaliere lo ha fatto l’ex moglie (e madre dei suoi figli) con l’invio di una lettera ad un quotidiano molto diffuso ed ostile alla persona che allora era ancora suo marito. Veronica Lario lo descrisse come un uomo già vecchio e sofferente di un’ossessione di carattere sessuale che lo spingeva alla ricerca di conferme nei rapporti con le donne. Fu lei la prima a parlare di “minorenni” ed è stata proprio una minorenne – soltanto all’anagrafe – a metterlo nei guai.  Certo, se andassimo alla ricerca dei vizi delle persone ricche e potenti ci verrebbe in aiuto una letteratura che, messa in fila, consentirebbe di compiere per almeno una dozzina di volte il giro dell’equatore. Ma nella generalità dei casi tali attitudini vengono protette o consegnate al massimo ai “si dice”, perché nessun uomo politico potrebbe sfidare impunemente l’opinione pubblica, nel momento in cui si scoprisse che “il re è nudo”. Negli ultimi anni l’opinione pubblica è cresciuta ed è pronta a riconoscere ai politici comportamenti ritenuti disdicevoli nei tempi passati al punto da rovinare brillanti carriere soltanto mettendo in giro la voce, come l’omosessualità o le convivenze tra persone non unite dal vincolo matrimoniale o le relazioni extraconiugali. Ma le critiche che vengono rivolte allo stile di vita di  Berlusconi sono diverse e soprattutto sono di dominio pubblico in Italia e nel mondo.

Il Cavaliere nel mirino

Quando un uomo politico è nel mirino di istituzioni golpiste, pregiudizialmente ostili, deve essere cauto e sobrio, non dare adito a comportamenti che, strumentalizzati con spregiudicatezza, hanno concorso a determinare  le sconfitte elettorali del Pdl, a partire dalle elezioni amministrative del 2011. Dato per spacciato, Silvio Berlusconi si è impegnato in una rimonta incredibile  fino a contendere la vittoria alla coalizione di centro sinistra e a Pier Luigi Bersani che già si vedeva insediato a Palazzo Chigi, impegnato a “smacchiare il giaguaro”.

I compromessi del Pdl

Viste le condizioni di partenza e le previsioni, il successo del Cavaliere è stata la vera novità inattesa di quella stramba campagna elettorale, poichè il risultato del “Movimento 5 Stelle” (M5S) era noto da tempo  ai sondaggisti e ai media, anche se veniva ridimensionato a bella posta. Certo, a Silvio non è riuscita una marcia trionfale come nel 2008. Sono stati necessari dei pesanti compromessi come quello di consegnare tutto il Nord (ovvero una delle aree più civili, ricche e sviluppate al mondo) alla leadership leghista, con l’aiuto della dabbenaggine del Pd che ha messo in campo un bravo ragazzo come Umberto Ambrosoli  (Carneade ? Chi era costui?) contro  una personalità esperta e capace quale Roberto Maroni.

Chi ha ostacolato Bersani e il Pd

E’ lecito, tuttavia, pensare che, a consentire a Bersani e soci quel “successo non vittorioso” scaturito dalle urne, siano state, oltre al Festival di Sanremo, le dimissioni del Papa: un evento straordinario che ha polarizzato per almeno quattro giorni l’interesse dei media, un campo in cui le performance del Cav. sono risultate imbattibili. Alla prova dei fatti, dunque, nelle elezioni di febbraio, a Berlusconi (anche se ha perduto milioni di voti) una buona parte del suo elettorato ha condonato  “feste eleganti” di Arcore, le escort e le inquiline del gineceo condominiale dell’Olgettina, la nipote di Mubarak, lo stipendio ‘pronta cassa’ alla famiglia Tarantini, i rapporti con Valter Lavitola, la candidatura blindata di Nicole Minetti, il ruolo di Lele Mora  ed Emilio Fede.

Una campagna elettorale da manuale

La campagna elettorale del Cavaliere sarà ricordata nei manuali di scienze politiche: è riuscito a caricare sulle spalle di Mario Monti gli insuccessi di una legislatura che avevano visto il Pdl e i suoi alleati governare per quasi quattro anni; ha dettalo l’agenda degli impegni elettorali conducendo, con grande spregiudicatezza, le altre forze politiche a pronunciarsi sulle sue proposte; si è re-impadronito del partito che aveva pensato di scaricarlo (la circostanza è vera e fondata e ne sono testimone diretto). Poi, è sopraggiunto il colpo di fortuna che ha portato al “governo delle larghe intese” con ministri, vice ministri e sottosegretari del Pdl. Un risultato, questo, dovuto esclusivamente a Giorgio Napolitano che si è rifiutato di mandare Bersani alle Camere senza una maggioranza preventiva benché  al Senato avesse la possibilità di farcela con i voti dei transfughi   grillini (che sono ancora lì in attesa dell’ora x). Tutto lasciava intendere, dopo la rielezione di Giorgio Napolitano e il varo del governo Letta, fastidioso con un orzaiolo purulento agli occhi di vasti settori del Pd (ma essere di sinistra è una malattia ?), che fosse il Pdl a dettare la linea, lucrando in suffragi sui risultati dell’azione di governo (in materia di Imu e di Iva, ad esempio) o incolpando di irresponsabilità il Pd, in caso di fine prematura. Ma il diavolo insegna a fare le pentole ma non i coperchi.

Le prospettive giudiziarie di Berlusconi

Dopo lo sfacelo delle elezioni amministrative parziali (il Pdl  è ormai escluso dai governi locali) e a fronte della irriducibilità dei giudici, il rapporto si è invertito. Non è più il Cavaliere a “tenere per le palle” Letta, ma tutto il contrario: il governo delle larghe intese è rimasto l’ultima spiaggia di Berlusconi. La vittoria elettorale, nel caso di ritorno al voto a breve scadenza, non è più certa.  Per giunta, riprende vigore il disegno del governo del cambiamento: Pdl + Sel + grillini redenti (nessuno pensi di poter coinvolgere in questa operazione Scelta civica). E si profila l’ombra sinistra della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici se non addirittura una prospettiva ancora peggiore (la richiesta d’arresto?), visto che il cemento di una maggioranza alternativa sarà la testa del Cavaliere.

Il futuro del Pdl

Che cosa succederà al Pdl? Esso è in gran parte l’erede di partiti democratici della Prima Repubblica. Non solo in termini elettorali; anche per quanto riguarda i militanti e il personale politico. Basta andare in giro per il Paese e frequentare i circoli del partito per rendersene conto. Il fatto è che, di quei partiti, il Pdl custodisce e presenta sicuramente  tutti i principali difetti, mentre è assai dubbio che abbia conservato un qualche merito. Salvo due fondamentali: aver impedito che la “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto conquistasse immeritatamente il potere, senza che vi fosse un’opposizione; continuare a contrastare una coalizione di centro-sinistra tuttora incapace di governare.

Quali sono i vizi del Pdl

Sono sotto gli occhi di tutti i vizi del Pdl: i connotati dell’anarchia sono ormai dominanti, tanto da rendere troppe volte impotente persino il regime di monarchia assoluta che caratterizza il modello istituzionale del partito. Eppure, il Pdl ha vinto, in un recente passato, ben tre elezioni di fila ed evoca, con i suoi difetti e meriti,  il classico esempio del calabrone che vola sfidando tutte le leggi dell’aerodinamica. Ha ormai un insediamento sociale in tutti i settori, compreso il mondo del lavoro: non si spiegherebbe altrimenti il consenso raccolto, fino a poco tempo fa,  nel Nord che è pur sempre la parte produttiva e sviluppata del Paese. Ma questo popolo moderato è abbandonato a se stesso, è privo di quelle reti che stabilizzano il consenso e che reggono anche nei momenti difficili. Per rendersi conto di questo handicap strutturale è sufficiente riflettere sull’ampiezza del range elettorale  del partito nelle diverse consultazioni. Più il voto ha spessore politico – e più la partita si gioca sul carisma di Berlusconi – più i risultati elettorali sono migliori. Ma fino a quando può durare un fenomeno siffatto? Già oggi si vedono le difficoltà che il Pdl incontra nelle elezioni amministrative, dove i successi dipendono dall’onda lunga del voto nazionale piuttosto che dal prestigio e dal radicamento delle candidature locali. Spesso il Pdl fatica ad esprimere delle adeguate leadership locali, a volte persino delle candidature che nascano dall’interno dei gruppi dirigenti operanti nel territorio. In buona sostanza, la società civile organizzata (i sindacati, le associazioni professionali e quant’altro) se non stanno dall’altra parte, sono  lontani dal Pdl. Ma un blocco sociale si tiene insieme anche con le politiche. Fino a che punto il Pdl è attento agli interessi dei suoi riferimenti sociali per poter costituire un vero e proprio “blocco”? Viene in causa, a questo punto, uno dei cavalli di battaglia del programma elettorale del centro-destra fin dal 2001, ben presto accantonato: una riforma fiscale rivolta ad ampliare le disponibilità, appunto, del c.d. ceto medio (il quale è costretto a “lavorare per l’erario” fino al 22 giugno di ogni anno). Anziché onorare questo solenne impegno, il governo Berlusconi si è lasciato trascinare – quando la crisi non aveva ancora vanificato ogni possibilità concreta di ritoccare le aliquote e ridurre la pressione fiscale – dalla sua vocazione populista (il miglioramento delle pensioni minime e la no tax area), prima di rinviare l’attuazione della delega in materia tributaria.

Pensioni e privatizzazioni

Certo, per alleggerire la pressione fiscale sarebbe necessario intervenire sulla spesa pubblica corrente, a cominciare dalle pensioni e dal welfare. Ma quella di centro destra è stata la maggioranza che ha usato più cautela sulle pensioni (anche se, alla fine, ha adottato alcune misure importanti e di carattere strutturale) e che, nel caso della sanità non ha trovato il coraggio di aprirsi al mondo del privato come proficuamente accaduto in alcune regioni.

La questione del blocco sociale

In qualità di  maggioranza, la coalizione Pdl-Lega ha archiviato le privatizzazioni. In sostanza, il Pdl ha raccolto i voti dei settori esclusi dall’establishment tradizionale, ma non è riuscito a trasformarli in un nuovo blocco sociale. Capita sovente che il centro destra si metta a rincorrere i ceti difesi dalla sinistra (è il caso esplicito dei c.d. esodati), come se il compito di una coalizione politica non fosse quello di premiare chi l’ha votata, ma coloro che non la voteranno mai.  Infine, la questione-partito. Per Berlusconi si tratta di un fastidioso groviglio di problemi da evitare accuratamente. Le persone che gli sono vicine lo assecondano in questa visione.

Un episodio personale emblematico

A me capitò, nel 2008, di partecipare ad una riunione di eletti del Pdl della mia regione, alla presenza di Denis Verdini. Ai ben intenzionati che, sollecitati dalla clamorosa vittoria, chiedevano misure organizzative di potenziamento del Pdl, allora appena avviato dopo la parabola del predellino, Verdini rispose che le battaglie vere si combattono e si vincono in televisione (ho usato il verbo al presente per evidenti motivi che mi evito di spiegare).



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