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Berlusconi e il Pdl. Meriti, demeriti e sfide. L’analisi di Orsina

Il berlusconismo come collante per quella che, dal ’94 in poi, è stata una vera e propria rivoluzione: la destra accompagnata dal cavaliere al governo. E in mezzo l’Italia con le sue contraddizioni e le difficoltà ataviche.

Il futuro del partito di Silvio Berlusconi analizzato da Giovanni Orsina, docente di storia alla Luiss di Roma, vicedirettore della School of Government, e autore del libro “Il berlusconismo nella storia d’Italia” in una conversazione con Formiche.net.

Quale politica dopo Berlusconi?
Nel libro cerco di capire il berlusconismo e, di conseguenza, quale destra dopo Berlusconi. Da un lato è stato l’uomo che ha costruito la destra, in uno spazio vuoto, svolgendo un’opera di supplenza straordinaria verso la mancanza di cultura, di organizzazione e di classe dirigente. Nel ’94 a destra c’era un leader e un elettorato, ma tra queste due cose poco altro.

Da quel momento la leadership, progressivamente e fisiologicamente, si è logorata: o no?
In astratto l’idea sarebbe dovuta essere quella di dire: “Mentre il leader svolge la sua opera di supplenza, gli altri costruiscano”. Quindi un’organizzazione ed una classe dirigente. Ma poi lui stesso ha impedito che si arrivasse a questa costruzione: nel senso che non solo non ha fatto nulla perché la destra potesse fare a meno di lui, ma si è dato da fare attivamente perché la destra non potesse fare a meno di lui.

Un deterioramento irreversibile?
Siamo arrivati al punto dove paradossalmente la destra sembra ancora più dipendente da Berlusconi, più di quanto non lo fosse quindici anni fa. Per cui non solo non si è invertito il trend, ma si è aggravato.

All’orizzonte il bivio di un restyling o di una rifondazione: ma prima di ragionare su forma e peso specifico, non andranno rivisti i contenuti?
Su questo sono scettico. La verità è che i contenuti non li ha nessuno in questo momento in Italia, e non perché l’Italia non ne abbia bisogno, ma perché non c’è un’idea che sia una: né a destra né a sinistra. Il paradosso dello stallo attuale del Paese sta nel fatto che la divaricazione politica è ampia, mentre quella sulle politiche no. Tutti parlano contro l’euro ma la verità è che nessuno ha una strategia di uscita dall’euro. Fin quanto nessuno avrà una strategia alternativa, ammesso che sia possibile averla, tutto il resto come Iva o Imu conterà “poco”. Stiamo parlando di un lavoro ai margini, in fondo quattro miliardi di euro rispetto ad altre cifre…

Quale il passo successivo?
Ci vorrebbero idee nuove e una strategia per mappare vie di uscita dalla crisi. Ma per paradosso tutto ciò è meno importante degli strumenti con i quali poi qualsiasi politica dovrà essere attuata.

Esiste un Renzi a destra? Ma soprattutto, come immaginare un nuovo contenitore liberalconservatore?
Un Renzi di destra non c’è perché la verità è che il sindaco di Firenze è il Berlusconi di sinistra. Ma il Cavaliere è l’originale. Se ciò che scrivono i giornali è vero, il ragionamento che si sta facendo nel centrodestra è come individuare un leader che erediti lo scettro da Berlusconi.

Fosse facile…
Ma la considero l’unica strada possibile. Ne resta un’altra, più fragile, anche se ormai è troppo tardi: ovvero costruire un minimo di struttura politica sotto il vertice. Quanto può andare avanti uno schieramento che perde costantemente le elezioni amministrative?

twitter@FDepalo


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