Caro Direttore,
non senza stupore sui quotidiani cartacei ho letto fra ieri e oggi fiumi di inchiostro sul rapporto tormentato fra Scelta civica e Udc. Si potrebbe discutere a lungo sulle scelte editoriali della stampa italiana, ma non è questa né la sede né il momento giusto per farlo.
Vorrei condividere con te e con i tuoi lettori una riflessione nel merito di questa querelle che agita le acque stagnanti del centro. L’intesa elettorale fra le formazioni di Monti e Casini nasceva su una serie di equivoci: l’identità di Sc (somma di amici del prof, Italia futura, ex parlamentari di Pdl e Pd e comunità di Sant’Egidio) e il rapporto proprio con l’Udc il cui segretario Cesa guidava la lista della Camera (autonoma ma alleata) mentre il leader correva al Senato senza le insegne del suo partito. Il risultato di febbraio è stato deludente per tutti.
Recriminare sul passato sarebbe infantile e inutile. Il tema è capire se e quale futuro possa avere una offerta politica fuori dai poli interpretati da centrodestra e centrosinistra. Monti proponeva una piattaforma per cattolici, laici e laicisti, keynesiani e liberisti, uniti dalla retorica anticasta e inneggiante al nuovismo: un 5 stelle, categoria lusso.
L’Udc avendo scelto di essere alle spalle dell’allora premier non ha potuto o voluto esprimere una identità specifica percepibile come tale. Ora, per capire la bontà dell’offerta occorre sì conoscere la domanda ma non si può rinunciare all’ambizione di condizionarla quella domanda con una proposta che può risultare degna di attenzione.
L’illusione populista di Grillo & company si è già infranta con la realtà. Per chi volesse tentare di fare politica lo spazio è strettissimo ma c’è. L’Udc ha il vantaggio dell’identità che va sfruttata però non per chiudersi ma per aprirsi. Continuare sull’equivoco del rapporto con Scelta civica non favorisce nessuno dei due partiti e dei due leader ma soprattutto non aiuta l’opinione pubblica a cogliere il senso di manovre che appaiono tutte autoreferenziali al Palazzo.
Fra pochi mesi si inizierà a ragionare di elezioni europee e la prospettiva della lista dei Popolari del Ppe sembra l’unica ragionevolmente coerente e sensata, per ragioni sia europee che italiane.
Perché non lavorare su questo abbandonando senza rimpianti gli equivoci del recente passato?