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La riforma delle nomine per le spa del Tesoro è una sconfitta per la politica. Parla Sapelli

La necessità di norme che regolino la nomina e la decadenza dei componenti degli organi di amministrazione delle società controllate del Tesoro segnala una debolezza strutturale della politica.
Ad esserne convinto è lo storico ed economista Giulio Sapelli, che in una conversazione con Formiche.net spiega perché la mozione votata dal Senato è un clamoroso autogol.

Professore, perché la riforma sulle nomine non le piace?
Non ha senso creare rigidità in un sistema che anzi, dovrebbe prevedere la massima apertura, per attirare le energie migliori. In un Paese decente valgono sempre altri criteri.

Ad esempio?
Direi che basterebbero tre princìpi: competenza nel settore di riferimento, decenza, intesa come la predisposizione a fare gli interessi della società che si rappresenta e non i propri, e autonomia di giudizio. Ecco, se c’è qualcosa che manca e che introdurrei è impedire che ci siano persone che siedono in troppi consigli.

E del principio della trasparenza delle nomine che pensa? Secondo i partiti è questo che ispira il pacchetto di norme.
Per carità, sono solo degenerazioni. Io sono contrario a interrompere i legami tra politica ed economia. Non solo, per me devono essere intensificati. Io parto da un’antropologia positiva delle imprese. Invece, chi vuole queste pseudo riforme, parte dal presupposto distorto che tutti gli imprenditori siano degli impostori. Alcuni politici possono offrire un contributo importante all’economia, perché hanno come background relazioni che aiutano a conseguire risultati economici positivi.

E soprattutto, ci sono importanti manager nominati dai partiti che hanno avuto un percorso tutt’altro che fallimentare. Vista la sua esperienza lei dovrebbe conoscerne qualcuno.
Sì, io ho seduto nei cda di Eni, Ferrovie dello Stato, Unicredit. Sarebbe sgradevole fare nomi, ma ho incontrato molte persone valide. Altre, come ovvio, un po’ meno.
Ma se vogliamo dirla tutta, questa favola dell’indipendenza della politica dall’economia ha generato solo dipendenze da altri poteri, più occulti e pericolosi. Quelli in cui bisognava essere indipendenti dall’economia sono stati anni gli anni più bui per la politica e non solo.

A questo punto non le chiedo nemmeno cosa pensa degli emendamenti bocciati, proposti dalla senatrice Lanzillotta di Scelta Civica.
Penso che quando la politica insegue l’antipolitica non offre un buon servizio né a sé, né ai cittadini.



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