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Processo Ruby, una sentenza politica per andare alle elezioni

“Vergognosa””, “abnorme”, “al limite dell’eversione e del colpo di Stato”, “senza prove e senza reato”, “uno stupro”, “fa paura”, “inaudita”, “scandalosa”, “surreale” (questo è Scilipoti, uno che di cose surreali ha dato prova di intendersi molto), “assurda”, e poi ovviamente l’immancabile “politica”. Sono solo alcune delle modalità con cui diversi esponenti del Pdl hanno commentato e giudicato al sentenza del Tribunale di Milano nel processo-Ruby.

Dal loro punto di vista, dunque, pare non ci siano dubbi sul fatto che si tratti di una sentenza giudiziaria. Dove però le cose si complicano è nel momento in cui i pidiellini dovrebbero spiegare, o diononvoglia dimostrare, come e perché si tratti di sentenza politica. Qui le argomentazioni si fanno più labili, per lasciare il posto a una sostanziale serie di tautologie: sostanzialmente tutti dicono, “è una sentenza politica per il solo fatto di riguardare Berlusconi”, argine contro la sinistra, baluardo dei moderati, avverso alla doppia morale e via a magnificare, preso di mira dal fantomatico disegno-progetto della fantomatica magistratura politicizzata che vuole demolire il nemico.

Ecco, a me queste argomentazioni sembrano, lo dico senza peli sulla lingua, risibili, se non ridicole.

E però sono d’accordo, quella di Milano è una sentenza politica. Non però nella sua genesi, ma nell’interpretazione a proprio uso e consumo che la destra sta immediatamente tentando di farne. Insomma, quando Cicchitto dice che “così salta la pacificazione”, dopo averla sbandierata quasi commosso per settimane, a occhio sta solo avviando la campagna elettorale. Nella quale, come al solito, la colpa di quello che non va sarà sempre degli altri.


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