Nessuno guardi al proprio ombelico, ammonisce l’ex ministro dell’Istruzione Beppe Fioroni, rivolgendosi tanto agli alleati di governo stuzzicati dall’idea di mettere a rischio l’esecutivo, quanto ai partner interni del Pd, concentrati sull’obiettivo del congresso. In un conversazione con Formiche.net, Fioroni ragiona sulla priorità di “sentirsi democratici e non “ex di qualcosa”, per costruire il popolarismo di domani. E incorona Matteo Renzi come premier del futuro.
Mentre Berlusconi prepara Forza Italia 2.0, il Pd come si approccia al congresso?
Nella consapevolezza di essere la prima grande forza politica del Paese che ha la necessità di dare risposte ad alcuni quesiti. Perché non abbiamo vinto? Perché abbiamo ancora paura di avere un nemico a sinistra? Perché c’è una parte consistente del popolo italiano che non ha più fiducia in noi?
Rischiate di ottenere risposte scomode?
Dandoci quelle risposte non sarà più sufficiente, così come fatto negli ultimi anni, pensare che la richiesta di consenso cambi a seconda se si creda in qualcosa o in qualcuno. Abbiamo “divorato” un’intera classe dirigente di primissimo piano, da Prodi a Bersani, nell’illusione che esistesse una scorciatoia che ci permettesse di avere consenso semplicemente perché credevamo in un qualcuno. Abbiamo dimostrato che una grande leadership non è purtroppo sufficiente per vincere.
Cosa occorre allora?
La velocità con cui cambiamo leader non è in grado di farci aumentare i voti, né di dare fiducia a quegli italiani che ci guardano con indifferenza. Serve un congresso che ci riporti a condividere non solo la razionalità, ma anche il cuore. Dovremo essere orgogliosi di essere democratici, senza ricorrere ogni volta alle sigle di ex democristiani o di ex comunisti, perché sono le uniche volte in cui votavamo credendo in qualcosa.
Sta dicendo che fino ad oggi nessuno si è sentito veramente e completamente democratico?
Dico solo che dovremmo uscire dalla sindrome da fan club, con un dibattito che parta dalla base, sui temi più salienti della politica, grazie a delle piattaforme regionali che conducano a sintesi nazionali sul nostro minimo comune denominatore. E su quelle basi i candidati alla segreteria aggiungeranno ciò che riterranno, ma finalmente avremo un patrimonio condiviso di appartenenza a un grande partito popolare.
Qualcuno vorrebbe rimandare il congresso al prossimo anno: tornano in campo i 101 franchi tiratori?
Sono ancora scioccato dai nostri 220 franchi tiratori che, “killerando” Marini al Colle, hanno impedito che ci fosse un esecutivo di centrosinistra. Chi ci ha portato al governo di larghe intese è stato soprattutto chi ha votato contro Marini. Personalmente sono per un congresso fatto bene e nei tempi previsti. Ho la sensazione che ci sia sempre la voglia di discutere sulle regole e sui nomi, che è un po’ come quando bisogna scegliere di andare al concerto di una rockstar piuttosto che di un’altra. E poi magari litigare sull’orario in cui andarci per poter avere un posto migliore sotto il palco. Per cui prima decidiamo le cose in cui crediamo e poi scegliamo chi ci guiderà in quella scelta.
Antonio Polito da queste colonne ha detto che non appena Renzi diventerà segretario, allora scatterà il countdown per il governo: è così?
Credo che questo governo sia nato per ragioni di emergenza vera: nessuno di noi lo avrebbe accettato, se non per pura emergenza. Che esiste ed è anche più grave di ciò che immaginavamo. Adesso iniziamo ad essere minimamente credibili in Europa, raccogliendone i primi risultati. Chiunque annunciasse agli italiani di voler far cadere questo governo perché concentrato sul proprio ombelico, sarebbe un folle. Non mi pare ciò sia nell’interesse di Matteo Renzi, quindi questo governo andrà a casa solo se non farà le cose che deve e nessuno dovrà togliergli il tempo necessario per attuarle. Matteo sa bene che sarà il futuro Presidente del Consiglio.
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