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Papa Francesco, la prima enciclica e lo sbarco a Lampedusa

Il Papa andrà a Lampedusa, lunedì prossimo. Un viaggio inatteso, che precederà di un paio di settimane quello già programmato per Rio de Janeiro, in occasione della Giornata mondiale della Gioventù. Francesco, recita il comunicato della Sala stampa diffuso stamattina, “intende pregare per coloro che hanno perso la vita in mare, visitare i superstiti e i profughi presenti, incoraggiare gli abitanti dell’isola”. E’ rimasto turbato, il Pontefice argentino, “dal recente naufragio di un’imbarcazione che trasportava migranti provenienti dall’Africa” e per questo ha deciso di accogliere l’invito che a fine maggio gli aveva rivolto il vescovo di Agrigento, mons. Francesco Montenegro, nel corso di un’udienza in Vaticano.

Francesco chiede discrezione
Il breve viaggio di lunedì sarà l’occasione anche per “fare appello alla responsabilità di tutti affinché ci si prenda cura di questi fratelli e sorelle in estremo bisogno”, aggiunge la nota della Sala stampa. Il programma, ridotto all’essenziale, prevede unicamente una messa e il lancio in mare di una corona di fiori. Il Papa ha disposto che la visita sia il più possibile discreta, e per questo non desidera essere accompagnato da una corte di autorità civili e religiose. Il minimo indispensabile per un momento che Francesco vuole di riflessione in una delle periferie esistenziali dove si riassumono molti dei temi caratterizzanti questo primo scorcio di Pontificato.

“Lumen fidei”, l’enciclica dei due papi
Ma non è questo l’unico annuncio della mattinata. Tre giorni prima del viaggio a Lampedusa, venerdì 5 luglio, sarà ufficialmente resa pubblica la prima enciclica firmata dal Papa argentino. Il titolo definitivo è “Lumen Fidei” e sarà presentata dal cardinale Marc Ouellet (prefetto della Congregazione dei Vescovi), da mons. Gerhard Ludwig Müller (prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede) e da mons. Rino Fisichella (presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione). Nessuno se l’aspettava. La data più probabile per la pubblicazione dell’enciclica (dicevano dal Vaticano) era quella del 24 novembre, festa di Cristo Re e soprattutto giornata di chiusura dell’Anno della Fede. Francesco, il 13 giugno scorso, aveva annunciato durante un’udienza con i partecipanti al tredicesimo consiglio ordinario del Sinodo, che il testo era quasi pronto: “Adesso deve uscire un’enciclica, a quattro mani dicono”.

L’ultima opera di Ratzinger
Bergoglio aveva messo fine a mesi di indiscrezioni e supposizioni circa la lettera pastorale che Ratzinger avrebbe voluto pubblicare durante l’Anno della fede da lui voluto e aperto lo scorso ottobre. Un progetto rimasto incompiuto a causa della rinuncia giunta lo scorso 11 febbraio. Parole, quelle del Papa, che confermavano come a Benedetto XVI mancasse davvero poco per completare l’opera destinata a chiudere la trilogia di encicliche dedicate alle virtù teologali (fede, carità e speranza). Francesco aggiungeva che “Papa Benedetto me l’ha consegnata, è un documento forte, e io dirò lì che ho ricevuto questo grande lavoro. L’ha fatto lui e io l’ho portato avanti”. Facile presumere che il testo sia in gran parte opera del teologo bavarese, e che il suo successore l’abbia solo rivisto e completato. Molto di più, dunque, di quanto fece Ratzinger con la “Deus Caritas est”, la sua prima enciclica che riprendeva in parte le bozze preparate e archiviate negli ultimi anni del pontificato di Giovanni Paolo II.



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