Come vuole la prassi comunicativa d’Oltretevere, il primo colloquio tra il Papa e il premier Enrico Letta è stato “particolarmente intenso e cordiale”. Al centro dell’incontro che si è svolto nella Biblioteca del Palazzo apostolico, la disoccupazione giovanile (Papa Francesco ha sollecitato misure che creino e tutelino l’occupazione dei più giovani sia a livello nazionale sia comunitario), gli sviluppo della crisi egiziana e la situazione in Medio oriente. A tal proposito, il premier ha raccontato al Pontefice i particolari del suo recente viaggio in Israele. Proprio ieri, l’arcivescovo di Santiago del Cile, monsignor Ricardo Ezzati Andrello, confermava l’intenzione del Papa di recarsi entro il 2014 in Israele e a Istanbul, ricambiando così la visita dello scorso marzo del Patriarca Bartolomeo I a Roma .
Il cattolico adulto Marino in Vaticano
Particolarmente atteso era poi l’incontro di Bergoglio con il neosindaco di Roma, Ignazio Marino, giunto in bicicletta nel cortile di San Damaso. Il primo cittadino della Capitale ha posizioni che il vaticanista dell’Espresso, Sandro Magister, definì qualche tempo fa “da cattolico adulto”: aperto ai registri per le unioni omosessuali (benché abbia preferito non presenziare al recente Gay Pride, scatenando l’ira degli organizzatori, salvo poi mandare un saluto scritto), favorevole all’aborto e soprattutto all’eutanasia. Se è vero che le gerarchie vaticane hanno preferito non interferire nella campagna elettorale, c’era attesa per sapere se Francesco avrebbe toccato nel colloquio gli argomenti considerati più spinosi e delicati. Ma anche questa volta il Papa ha preferito andare oltre, non intervenendo sui cosiddetti principi non negoziabili.
Il Papa silente sui principi non negoziabili
D’altronde, fino a oggi non l’ha fatto riguardo la legge Taubira che in Francia legalizza i matrimoni tra persone dello stesso sesso, né ha speso parole sull’analogo provvedimento all’esame del Parlamento britannico. Stesso comportamento tenuto a metà giugno, quando nell’omelia per la Giornata dell’Evangelium Vitae (la grande enciclica di Giovanni Paolo II che denuncia la cultura della morte) ha solo sporadicamente ricordato lo scritto di Wojtyla né è entrato nello specifico sul tema dell’aborto, deludendo più di un’organizzazione cattolica presente sul sagrato di piazza san Pietro.
L’appello alla “disobbedienza civile” del cardinale Burke
Se il Papa preferisce demandare alle conferenze episcopali nazionali il rapporto con i governi sui temi che toccano la morale e la bioetica, chi non le manda a dire è il cardinale americano Raymond Leo Burke. Uomo di curia (è prefetto del Supremo tribunale della Signatura apostolica) e conservatore, Burke è da sempre in prima fila nella battaglia nell’avvertire sui rischi dell’ormai dilagante secolarizzazione del mondo cristiano. Lo ha fatto anche qualche giorno fa, aprendo i lavori della conferenza internazionale ospitata dall’Istituto Dignitatis Humanae, nei giardini vaticani. “Basta leggere un quotidiano o accendere il televisore per rendersi conto che il cristiano è sempre meno tollerato, che l’ordine del giorno laicista non cessa i suoi sforzi per mettere in secondo piano, intimidire e soffocare la testimonianza dei fedeli cristiani”. Il porporato americano (che ha partecipato alla terza edizione della Marcia per la Vita, lo scorso maggio a Roma) fa degli esempi concreti: Stati Uniti, dove “la politica sta sostenendo inesorabilmente l’ulteriore liberalizzazione di ogni restrizione sull’aborto”; Gran Bretagna, paese in cui l’approvazione della legge sulle nozze gay è ormai “solo questione di tempo”. Da qui, l’invito ai cattolici (fedeli e sacerdoti) a scendere in piazza e a combattere, “perché l’Evangelium Vitae consente la disobbedienza civile”.