Skip to main content

Nessun salvacondotto per Berlusconi. Ecco perché. Parla Macaluso

Un labirinto inestricabile. Così si presenta la realtà giudiziaria del Cavaliere a meno di venti giorni dalla sentenza della Corte di Cassazione sulla vicenda dei diritti Mediaset. Ma esistono sul terreno politico vie di uscita ragionevoli e dignitose a una impasse che rischia di travolgere il “governo di servizio” di Enrico Letta e le prospettive di riforma delle istituzioni?

Formiche.net ha rivolto questo interrogativo a Emanuele Macaluso, ex direttore dell’Unità e del Riformista e figura di spicco del Partito comunista, nonché amico fraterno di Giorgio Napolitano, dopo gli interventi di Mario Sechi, Lodovico Festa e Giuliano Cazzola.

Esiste la possibilità di un salvacondotto per Silvio Berlusconi allo scopo di superare lo stallo che da troppi anni tiene prigioniero il paese?
La linea più sensata è tenere separata il più nettamente possibile la storia processuale dell’ex Presidente del Consiglio dall’attualità politico-istituzionale. Capisco che una vicenda giudiziaria così travagliata rappresenta un problema serio per una forza politica che si identifica completamente con il suo leader. Ma per il partito della destra proprio questo dovrebbe essere il momento di riflettere. Non per abbandonare a se stesso il Cavaliere, ma per lavorare a un percorso di affrancamento che può essere un seme per la costruzione di una formazione futura robusta e credibile.

Vede gli spazi perché si apra un simile processo?
Ho letto le tesi interessanti illustrate dal ministro per l’agricoltura Nunzia De Girolamo. La quale spiega che anche in caso di condanna di Berlusconi il governo deve proseguire la sua opera e  che solo allora si potrà verificare se il Popolo della libertà si esaurisce nel carisma del suo capo. Non riesco a individuare altre strade, poiché interferenze sull’operato della magistratura da parte delle più alte istituzioni politiche creerebbero ancora più tensione. E in quel caso l’esecutivo non reggerebbe. Ma se cade il governo bisognerebbe formarne un altro per cambiare una legge elettorale su cui a ottobre pende il giudizio di costituzionalità della Consulta. È responsabile agire così quando tutti parlano di grave emergenza sociale ed economica, di democrazia tuttora bloccata con riforme istituzionali tutte in salita?

Nominare il Cavaliere senatore a vita potrebbe essere un’ipotesi auspicabile?
Non esiste al mondo. Si tratta di un escamotage che aggraverebbe la situazione e per il quale non ci sono le condizioni di fattibilità.

E ripristinare l’immunità parlamentare nella sua versione precedente al 1993 fondata sull’autorizzazione parlamentare a procedere?
Innanzitutto sarebbe necessaria una legge di revisione costituzionale, impensabile nel clima attuale. Poi tale norma non interverrebbe sulla sentenza imminente bensì sulle vicende future.

Allargare le maglie dell’indulto alle pene accessorie come l’interdizione temporanea dai pubblici uffici potrebbe essere una soluzione?
È una scorciatoia inaccettabile. La via maestra è nutrire fiducia nell’operato dei giudici senza gridare a complotti e persecuzioni che non esistono.

Come dovrebbe comportarsi il Partito democratico in questo frangente?
Aspettare anch’esso con serenità il giudizio della magistratura e non rispondere alle manifestazioni scomposte del centro-destra in forma eguale e contraria. Una nevrosi e una perdita della lucidità unita a strumentalizzazione, che rilevo anche nel modo con cui gran parte degli organi di informazione hanno trasmesso e interpretato le notizie sulla decisione della Suprema Corte. Il Pd conta il premier nelle sue fila, e dovrebbe essere interessato al successo e all’attuazione del programma di governo. Scelga di comportarsi in coerenza con l’interesse generale e anche con ciò che gli conviene. Lo dico ai settori del Nazareno che mettono in difficoltà l’esecutivo con dichiarazioni avventate.


×

Iscriviti alla newsletter