Il pasticcio kazako travolge il governo e fa tornare in auge un’espressione di “scajolana memoria”: “A mia insaputa”. È il commento di Francesco Merlo su Repubblica, dopo l’accertamento dei fatti in merito all’espulsione di Alma Salabayeva e della piccola Alua, rispettivamente moglie e figlia dell’esule kazako (e ricercato per un’accusa di truffa) Ablyamazov.
Nonostante l’ira di Angelino Alfano per essere stato informato solo a cose fatte, le indagini disposte dal governo e affidate al capo della polizia Alessandro Pansa stanno dimostrando, rivelano oggi le indiscrezioni sui giornali, il coinvolgimento nella procedura di alcuni suoi uomini e dei funzionari della Farnesina.
Per questo, oggi Merlo descrive sul quotidiano diretto da Ezio Mauro il funzionamento della logica del “a mia insaputa”, inaugurata da Scajola per la famosa casa vista Colosseo e sembra replicata oggi nella gestione della vicenda dai ministri Alfano e Bonino: “Meglio esporsi allo scherno pur di non affrontare la responsabilità, meglio offrirsi all’imbarazzo e alla risatina come quella che cercava Scajola quando decise di farsi citrullo e inventò l’antropologia dei politici ‘a mia insaputa’. È questo il loro destino, questa la loro ultima spiaggia: provocare una soffocata ilarità pur di evitare l’indignazione, pur di non fare autocritica e pagare di persona”.