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Papa Francesco sulla bioetica è ratzingeriano

Le sorprese con Francesco sono sempre dietro l’angolo. Quando meno te l’aspetti, ecco che Bergoglio parla di questioni bioetiche. Ma lo fa non in una celebrazione solenne a San Pietro né in una delle omelie del mattino a Santa Marta (sospese per il periodo estivo). L’occasione è la giornata per la vita che si celebrerà in Irlanda, Scozia, Inghilterra e Galles il prossimo 28 luglio. Ed è ai cattolici di quelle terre che il Papa ricorda l’importanza di “difendere la vita dal concepimento fino alla morte naturale”. L’invito perentorio del Pontefice “preso quasi alla fine del mondo” è di tutelare “i più deboli e i più vulnerabili, i malati, gli anziani, i non nati e i poveri”, perché “anche loro sono capolavori della creazione di Dio, fatti a sua immagine, destinati a vivere per sempre e meritevoli della massima riverenza e rispetto”. Il testo si conclude con una preghiera affinché la Giornata “contribuisca ad assicurare che la vita umana riceva sempre la protezione che le è dovuta”.

La continuità con Ratzinger e Wojtyla

Parole inequivocabili che confermano come sui cosiddetti principi non negoziabili Papa Francesco la pensi esattamente come il suo predecessore, Benedetto XVI. D’altronde, basterebbe riprendersi certe sue omelie pronunciate a Buenos Aires, in cui tuonava contro le Istituzioni che non facevano abbastanza per tutelare la vita. Certo, lo stile rispetto a Joseph Ratzinger (e a Karol Wojtyla) è diverso. Bergoglio riflette e non è uomo da marciare in strada per questioni che riguardano prima di tutto le conferenze episcopali nazionali. Il suo passato racconta che solo quando si giunge allo scontro totale e le mediazioni non possono più nulla, lui entra in campo in modo determinato. Riguardo la battaglia sul riconoscimento delle nozze gay in Argentina, dopo silenzi e inviti a cercare soluzioni compromissorie, arrivò a parlare di “guerra de Dios” con una lettera inviata a tutte le chiese di Buenos Aires.

Questioni affidate agli episcopati nazionali

Su questo punto è stato estremamente chiaro lo scorso maggio, quando al cardinale Angelo Bagnasco (presidente della Cei) disse parlando a braccio che “il dialogo con le istituzioni politiche è cosa vostra”. Tutti ebbero l’opportunità di ascoltare il tono con cui Francesco parlava, la sicurezza che mostrava nel pronunciare quelle parole. Non si trattava infatti di un discorso al termine di un’udienza privata, ma della professione di fede in San Pietro con tutti i vescovi italiani. Una divisione dei compiti che il vaticanista dell’Espresso Sandro Magister giudica rischiosa per lo stesso Francesco, “dato il giudizio poco lusinghiero che egli ha più volte mostrato di avere sulla qualità media dei vescovi del mondo”.

I silenzi sull’Evangelium Vitae

Molto rumore aveva fatto in particolare il silenzio del Papa sui temi bioetici lo scorso 16 giugno, quando a Roma si celebrava la Giornata dell’Evangelium Vitae, in ricordo dell’enciclica di Giovanni Paolo II pubblicata nel 1995 e centrata sulla battaglia in difesa della vita dal concepimento alla fine naturale. Quel giorno, Bergoglio, citò l’enciclica solo un paio di volte, ma mai dalla sua bocca uscirono le parole aborto, eutanasia, matrimonio omosessuale. Pronunciò un’omelia che aveva nell’Amore il suo punto focale. Solo leggendo tra le righe si coglieva la chiara continuità con la linea dei due pontefici precedenti, soprattutto nel passaggio in cui si esortava il fedele cattolico “ad accogliere e testimoniare sempre il Vangelo della vita”.



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