Fa uno strano effetto vedere Renzi barricadero. A volere essere renziani è una nemesi spettacolare: il politico che alle feste dell’Unità e nei palazzi della curia democratica veniva dipinto come un berlusconiano mascherato, infiltrato di destra sul campo di battaglia della sinistra, sta inchiodando il partito sul caso kazako, accusando i vertici democratici di derivazione Pci di non volere infierire su Alfano e quindi sul Pdl. Era sul banco degli imputati e ha ribaltato l’accusa a suo favore. Ma lo scenario cambia se si sceglie una prospettiva di medio termine.
Se si guardano le prossime scadenze politiche, non si può che arrivare alla conclusione che la vicenda Shalabayeva è l”ultimo treno utile per Renzi. La sua immagine è già provata dalle trappole che il Pd sta mettendo sul suo cammino e non può permettersi di restare legato alla colonna di San Sebastiano ancora per molto. Adesso ha l’occasione di rompere con il governo su una questione di diritti civili, a partire da settembre gli rimarranno solo temi che non fanno per lui.
C’è la legge di stabilità. Il governo farà salti mortali per restare dentro i parametri europei, chiederà sacrifici e metterà in campo qualche misura popolare per rendere più digeribili quelle sui conti. Poi tagli alla spesa e revisione delle tax expenditures.
Difficile immaginare Renzi, sia pure in versione barricadera, opporsi a tagli o, ancora peggio, chiedere al governo di sforare il tetto del deficit del 3%. Perderebbe il suo asset principale che è l’elettorato moderato allergico agli ex comunisti. Perderebbe tutto il suo valore aggiunto anche se decidesse di fare opposizione interna al governo sull’altro tema autunnale: le deroghe pro flessibilità sul lavoro che dovrebbero essere introdotte in occasione dell’Expo 2015.
L’unica posizione libera nella maggioranza, quella dalla quale potrebbe fare opposizione al suo partito e al governo, è di ultrasinistra e non si addice al sindaco di Firenze che ha sfidato sindacati su posizioni pro flessibilità. Il caso kazako è l’ultima occasione per dire “no”. A partire da settembre Renzi sarà costretto a dire tutti “sì” sulle policy e a dare battaglia dentro il partito su questioni procedurali. Una riedizione delle precedenti primarie. Che ha perso.