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Il messaggio di Papa Francesco a Rio, tra Copacabana e Aparecida

Certo, a Rio giurano che quello che inizierà domani sarà un “grande show del futuro”, con la via crucis a Copacabana, veglia e messa sulla grande spianata di Guaratiba, su quel palco modernissimo che sa più da concerto che da celebrazione religiosa. Ma per capire il senso più profondo e forse nascosto del viaggio di Papa Francesco in Brasile, bisogna puntare gli occhi su Aparecida. Sarà lì, nel grande santuario, che Bergoglio trascorrerà la giornata di mercoledì. Ha voluto lui quell’aggiunta al programma originario, ha spiegato qualche giorno fa il direttore della sala stampa vaticana, padre Lombardi. Ci tiene così tanto, Francesco, che ai membri dell’episcopato latinoamericano giunti negli ultimi mesi a Roma consegna il testo del documento finale della quinta conferenza del Celam (la Conferenza Generale dell’America Latina e del Caribe) svoltasi proprio ad Aparecida nel 2007. Quel testo è quasi una traccia, un manuale per decrittare lo scopo che il Papa del sud del mondo vuole dare al suo primo viaggio fuori Europa.

Le parole chiave del Pontificato

Il motivo è presto spiegato. Fu proprio l’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, a presiedere il comitato di redazione del documento finale della conferenza. Un testo fondamentale perché Benedetto XVI lasciò carta bianca all’episcopato locale. “Il Papa (Ratzinger, ndr) ha dato indicazioni generali sui problemi dell’America latina, e ha poi lasciato aperto: fate voi!. E’ stato grandissimo, questo da parte del Papa”, disse in un’intervista a 30Giorni Bergoglio.

Ed è rileggendo quel testo e la presentazione che ne fece l’attuale vescovo di Roma si riscontrano tutti gli elementi e le parole chiave che stanno caratterizzando questo primo scorcio di pontificato. “Nel documento finale c’è un punto che riguarda la pietà popolare. (…) Dopo quelle contenute nell’Evangelii Nuntiandi (esortazione apostolica sulla missionarie, ndr), sono le cose più belle scritte sulla pietà popolare in un documento della Chiesa. Anzi – continuava Bergoglio – oserei dire che quello di Aparecida è l’Evangelii Nuntiandi dell’America latina”.

“Alla chiesa serve coraggio apostolico”

Che cosa significasse ciò, era sempre il primate argentino a spiegarlo: “L’apertura finale del documento è sulla missione. Per rimanere fedeli bisogna uscire. Rimanendo fedeli si esce. Questo dice in fondo Aparecida. Che è il cuore della missione”. D’altronde, rimarcava ancora Bergoglio, “il restare, il rimanere fedeli implica un’uscita”. Ma c’è di più, perché in quell’intervista con Stefania Falasca, il futuro Pontefice parlava di “due cose delle quali si ha più bisogno: misericordia e coraggio apostolico. E il coraggio apostolico è seminare”.

E la missione rappresenta il filo rosso di quel documento elaborato sei anni fa. Si legge che l’obiettivo deve essere quello di “trasformare la Chiesa in una comunità più missionaria” e “a questo scopo si promuovono la conversione pastorale e il rinnovamento missionario delle chiese particolari, delle comunità ecclesiali e degli organismi pastorali”.

La missione continentale

“Qui – prosegue ancora il documento finale – si promuove una missione continentale che dovrebbe avere per agenti le diocesi e gli episcopati”. E come debba essere attuata questa missione, il testo curato dal comitato presieduto dal cardinal Bergoglio è più che chiaro: “Con un tono evangelico e pastorale, un linguaggio diretto e propositivo, uno spirito interpellante e incoraggiante, un entusiasmo missionario e speranzoso, una ricerca creativa e realista”. E’ quella che viene definita “la dolce e confortante gioia di evangelizzare”.


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