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Così costruiremo il Ppe italiano. Parla Cesa (Udc)

Ripartire di slancio e costruire un percorso che trovi lo sbocco in un grande soggetto legato al Partito popolare europeo, aperto ai contributi di tutte le personalità e le aree presenti nelle formazioni parlamentari che si richiamino a quell’esperienza. All’indomani dell’assemblea programmatica nazionale di Roma, l’Unione di centro è intenzionata a mettere in gioco ruolo, identità, strutture e gruppo dirigente per edificare una rinnovata “casa dei moderati italiani”. Scommessa ambiziosa e dall’esito incerto, concepita per superare lo stallo e le polemiche che hanno paralizzato il progetto centrista di Scelta civica. A illustrare a Formiche.net i contenuti e gli obiettivi del progetto di “Costituente popolare” è il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa, convinto che non si tratti di un’iniziativa rivolta all’indietro verso un’improbabile rifondazione della Democrazia cristiana, ma di una proposta tesa a creare la realtà oggi mancante nel panorama pubblico nazionale.

Lei esorta l’Unione di centro a “ripartire con una mobilitazione generale”. È il tramonto la vostra esperienza con Mario Monti e Scelta civica? Con alcune componenti è in corso un dialogo certamente costruttivo. Le polemiche di questi ultimi giorni rivelano però la presenza di anime molto diverse per ispirazione e strategia. Aree troppo differenti tra loro provocano assenza di chiarezza. Fenomeni che sono accaduti e avvengono frequentemente nel Partito democratico come nel Popolo della libertà.

Fa riferimento alle divaricazioni insanabili con i rappresentanti di Italia futura? Loro criticano radicalmente il richiamo ai valori e ai programmi del Partito popolare europeo. Nel terreno economico-sociale e sulle iniziative per uscire dalla crisi portano avanti una visione alternativa alla nostra. Così come propugnano un indirizzo incompatibile con il nostro sui temi “eticamente sensibili” quali la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale.

Lei prospetta la creazione di un’aggregazione che faccia capo alla famiglia del Partito popolare europeo in vista del voto per l’Assemblea di Strasburgo del 2014. A quali forze e interlocutori pensa di rivolgersi? Per noi l’appartenenza al Ppe è imprescindibile, poiché vuol dire difendere valori ben precisi. L’Unione di centro vuole essere un mattone per costruire una grande casa dei popolari in Italia. A condizione però di rimuovere tutte le forme di populismo anti-europeista che trovano spazio soprattutto nel centro-destra. Rilevo che nel Popolo della libertà esiste una fascia significativa di persone con le nostre convinzioni e animate dalle stesse aspirazioni. Così come nel Partito democratico, che oggi è frammentato in almeno sette correnti. Ma penso anche ai movimenti e associazioni nati al di fuori degli schieramenti per la crisi di rappresentanza in atto. Tutti possono essere interlocutori preziosi. È l’idea della Costituente popolare, che implica una scelta di campo inequivocabile.

Pier Ferdinando Casini ha lasciato intendere negli ultimi tempi di voler ricostruire un rapporto privilegiato con il Popolo della libertà e con il centro-destra. Condivide tale impostazione? Non esiste alcun legame privilegiato con questo centro-destra. Lo sforzo per costruire nel Paese grandi partiti omogenei con piattaforme di valori ben precisi sul modello europeo è tutto da intraprendere. Soltanto così riusciremo a sciogliere l’equivoco di leggi elettorali che hanno prodotto contenitori comprendenti tutto e il contrario di tutto. Le iniziative che sono state messe in campo nel voto di febbraio ne sono una dimostrazione eloquente. Basti pensare all’inconsistenza politica del Movimento Cinque Stelle e a formazioni che sono costellazioni di litigi auto-referenziali.

È per questo che proponete da anni un modello elettorale e istituzionale proporzionale? Lo abbiamo sempre propugnato e oggi ne siamo convinti più che mai. Il nostro riferimento è il meccanismo in vigore in Germania, basato su un robusto sbarramento al 5 per cento. Ma in quella cornice vogliamo introdurre le preferenze. Si tratta peraltro del sistema su cui a novembre avevamo quasi raggiunto l’accordo con gli altri grandi partiti, che però hanno fatto saltare la riforma. Berlusconi perché contrario alle preferenze che gli avrebbero sottratto il potere di nominare i suoi parlamentari e mantenere salde le redini del Pdl, Bersani perché ostile alla soglia minima del 40 per cento per accedere al premio di maggioranza, che riteneva impossibile da raggiungere. Oggi non vogliono riproporre quell’impianto? Allora approvino una leggina per tornare al Mattarellum. La legge Calderoli ha talmente allontanato l’opinione pubblica dalla politica che deve essere cambiata a tutti i costi, per ricondurre e vincolare l’eletto al suo territorio anziché al proprio capo.

Come valuta un’eventuale leadership di Matteo Renzi nel Pd? Non ho nulla contro la figura del sindaco di Firenze. Negli ultimi tempi però sta alzando troppo l’asticella nei confronti di Enrico Letta, di cui rivendica l’amicizia, e non fa altro che sparare in maniera irresponsabile contro il suo governo. Esperienza che invece ha bisogno di essere rafforzata e proseguita, visto che non esistono alternative per il bene del paese.



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