Non era mai accaduto che il Papa si mettesse a rispondere tranquillamente alle domande che i giornalisti gli ponevano. Una sorta di conferenza stampa ospitata sull’aereo che lo riportava a Roma da Rio de Janeiro. Tanti i temi toccati, dallo Ior alla riforma della curia, dal rapporto con Benedetto XVI (definito “un grande da venerare come un nonno”) a monsignor Scarano (“se è in galera vuol dire che non è uno stinco di santo”), fino alla cosiddetta lobby gay. E qui Francesco ha detto molto.
Le frasi mai smentite di giugno
A inizio giugno il sito internet cileno Reflexion y Liberacion aveva rivelato il contenuto dell’udienza privata concessa dal Papa ai delegati della Confederazione di Religiosi latinoamericani e dei Caraibi (Clar), in cui Francesco avrebbe detto: “Eh sì, è difficile. Nella curia c’è gente santa, santa davvero. Ma esiste anche una corrente di corruzione, anche questa esiste, è vero. Si parla di una lobby gay ed è vero, è lì… Ora bisogna vedere cosa possiamo fare al riguardo”. Dichiarazioni che la Sala stampa vaticana non ha mai smentito, lasciando intendere che effettivamente quanto si mormorava da almeno un anno attorno ai faldoni secretati sul caso Vatileaks corrispondeva al vero.
Distinguere l’essere gay dall’appartenere a lobby
E oggi, a domanda, il Papa ha risposto così: “Si scrive tanto della lobby gay. Io ancora non ho trovato nessuno che mi dia la carta d’identità, in Vaticano. Dicono che ce ne siano”. L’importante, però, aggiunge Francesco, è “distinguere il fatto che una persona è gay dal fatto di fare una lobby”. Le lobby, infatti “non tutte sono buone”. E se “una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”. Qui il Papa si fa pastore e prende in mano il catechismo della Chiesa cattolica, le cui pagine “ci dicono che queste persone non devono essere discriminate ma accolte”. Di più, spiega il Pontefice: “Il problema non è avere queste tendenze, sono fratelli, il problema è fare lobby”. E l’elenco delle lobby malsane è lo stesso Francesco a farlo: “d’affari, politiche, dei massoni, tante lobby. E questo è il problema più grave”. Una precisazione alla quale il Papa teneva, se è vero che ha ringraziato il giornalista che gli aveva posto la domanda.
“Il tema trascende la questione religiosa”
Le parole di Francesco a bordo dell’Airbus 330 aiutano anche a inquadrare meglio la campagna ingaggiata a Buenos Aires contro il progetto governativo di legalizzare le nozze omosessuali. Allora, l’arcivescovo Bergoglio chiamò il popolo cattolico alla “Guerra de Dios”. Nel libro-conversazione con il rabbino Abraham Skorka, il primate argentino spiegava che “nessuno ha il diritto di intromettersi nella vita privata di nessuno”, anche perché “se nella creazione Dio ha corso il rischio di renderci liberi, chi sono io per intromettermi? Condanniamo l’eccesso di pressione spirituale, che si verifica quando un ministro impone le direttive, la condotta da seguire, in modo tale da privare l’altro della sua libertà”. E tutto questo considerando anche che “Dio ci ha lasciato addirittura la libertà di peccare”. Il discorso va preso su un piano diverso: “Il tema trascende la questione religiosa, è prettamente antropologico. Ogni individuo ha bisogno di un padre maschio e una madre femmina che lo aiutino a plasmare la propria identità”.
Il problema è assimilare l’omosessualità all’eterosessualità
Non aveva remore Bergoglio ad affrontare il tema, durante il suo mandato episcopale a Buenos Aires. Niente tabù, perché “l’omosessualità è sempre esistita. L’isola di Lesbo era nota per ospitare donne omosessuali”. Il problema è che “non era mai successo nella storia che si cercasse di darle lo stesso status del matrimonio. Veniva tollerata oppure non tollerata, era apprezzata o non apprezzata, ma mai equiparata. Nella nostra epoca è la prima volta che si pone il problema giuridico di assimilarla al matrimonio”. E questo, giudicava il futuro Pontefice, “è un disvalore e un regresso antropologico”.