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Profumo più renziano di Renzi

Ripartire dall’equità e dall’eguaglianza, valori storici della sinistra. Declinati non come costi necessari bensì come volano di sviluppo, capace di riportare nel circuito produttivo la grande disponibilità di ricchezza privata. È l’idea-forza emersa nel convegno promosso all’Istituto Luigi Sturzo dai parlamentari vicini a Matteo Renzi, primo fra tutti Yoram Gutgeld, il cervello del programma economico-sociale del primo cittadino di Firenze con il documento “Il rilancio parte da sinistra. Come far ridere i poveri senza far piangere i ricchi”. Ripreso come titolo del confronto-seminario che ha visto protagonista anche il presidente del Monte dei Paschi di Siena Alessandro Profumo. Il quale ha confermato la propensione politica per le forze progressiste e riformiste già manifestata il 17 ottobre 2005 con la sua partecipazione al voto per le primarie dell’Unione. Rispetto all’atteggiamento prudente tenuto dal gotha finanziario, l’ex ad di Unicredit ha scelto di aderire con entusiasmo al progetto messo in campo da Renzi. Ecco anche le foto di Umberto Pizzi sull’evento.

Liberare l’Italia dall’emergenza

Programma che, spiega il parlamentare Dario Nardella, richiede “una sfida culturale controcorrente per fuoriuscire dalla dimensione di emergenza di governi che lasciano sullo sfondo gli interventi di lungo periodo. Un’ottica alluvionale ben esemplificata dal Decreto del Fare, frammentato in misure eterogenee poco incisive”. Il percorso da intraprendere innanzitutto nel Partito democratico, rimarca il deputato, deve andare oltre la contrapposizione tra liberismo fondato sull’economia degli effetti a cascata e statalismo coercitivo: “Formule che hanno prodotto maggiore iniquità fiscale e nella distribuzione della ricchezza, più spesa pubblica e pesantezza della burocrazia, carenza degli investimenti”.

Gutgeld indica le priorità economiche, fiscali, sociali

È l’autore de “Il rilancio parte da sinistra” a indicare la bussola delle “Matteonomics”. Non prima di aver compiuto una diagnosi della crisi italiana, “che non nasce nel 2007-2008 e neanche nel 1994, bensì 40 anni fa nella stagione di una crescita malata e insostenibile, costruita con i mezzi artificiali della svalutazione monetaria e del debito pubblico che ci hanno portato nel 1992 sull’orlo del baratro prima che entrassimo in un regime di cambi fissi e poi nella moneta unica”. Un passaggio, osserva il parlamentare democrat, che ha permesso di ridurre gli elevati interessi sul debito senza però promuovere uno sviluppo sano in assenza delle riforme strutturali richieste da tempo. Riforme che a suo avviso devono sfatare tabù mai messi in discussione da sinistra e destra: “È la qualità dei nostri investimenti pubblici, superiori a Germania e Francia, a dover essere ripensata se pensiamo alla gestione dissennata dei trasferimenti statali alle aziende e dei fondi comunitari. Non è necessario ridurre le retribuzioni per risolvere il problema dell’alto costo del lavoro, provocato soprattutto dall’1 per cento in più di tasso di inflazione e del prezzo dei servizi pubblici rispetto alla Germania. L’evasione fiscale non costituisce un motore di sviluppo de facto, perché produce ingiustizia e distorsione del mercato, oltre a penalizzare i contribuenti onesti. Abbassare la spesa pubblica non restringe i servizi sociali”.

Il programma economico dei renziani

La terapia proposta dal parlamentare vicino a Renzi, lungi dal ritenere salvifica una marcata flessibilità delle regole finanziarie Ue, si fonda sull’equazione “più equità-più Stato sociale-più sviluppo, senza aumentare le tasse”. Gutgeld propone di ripristinare le norme di contrasto all’evasione messe in piedi dai governi Prodi e smantellate dagli esecutivi Berlusconi-Tremonti e Monti, sfoltendo la selva di detrazioni e deduzioni. Suggerisce di allargare alle fasce più disagiate gli assegni di accompagnamento per le persone auto-sufficienti, forniti per il 60 per cento agli individui benestanti. Vuole ridurre di 100 euro l’Irpef sui redditi medio-bassi per rilanciare il circuito dei consumi e “perché i lavoratori dipendenti italiani non possono pagare il doppio di tributi rispetto ai colleghi tedeschi”. Pensa a un prelievo considerevole sulle pensioni che superano di 7 volte il livello minimo e non sono ancorate ai contributi versati, “poiché è inaccettabile rispetto ai giovani precari che riceveranno assegni ridotti a un terzo dell’ultimo stipendio”. Riguardo al mercato del lavoro per lui l’abrogazione dell’articolo 18 non rappresenta la priorità, a differenza di nuovi contratti unici con garanzie crescenti nel tempo e del rafforzamento dell’apprendistato.

Liberalizzare e privatizzare

Per razionalizzare il ruolo dello Stato il suo programma prevede per almeno cinque-dieci anni tagli selettivi e non generalizzati, “in una sanità da ripensare tramite presidi territoriali capillari e assistenza personalizzata, e in un comparto militare con la metà di organico e il doppio dei costi rispetto a Israele”. Ma per realizzare un disegno così ambizioso “è necessario liberalizzare i servizi pubblici e il comparto delle assicurazioni, valorizzare e vendere la metà del nostro patrimonio immobiliare alienabile entro il 2014, mettere sul mercato in 6 mesi le partecipazioni pubbliche nelle aziende strategiche. Favorire la canalizzazione del risparmio degli imprenditori nelle aziende anziché nella finanza, utilizzando parte dei 235 miliardi di risorse private affidate a Cassa depositi e prestiti per programmi in grado di attrarre investimenti privati. Snellire una macchina legislativa e governativa che produce una giungla di regole fonte di annacquamento di responsabilità istituzionali e di poteri di veto”. Tutto ciò, conclude Gutgeld, implica l’abbandono degli alibi tradizionali utilizzati troppe volte per non riformare nulla, come l’evocazione dei “poteri forti”.

L’endorsement del numero uno di MPS

Poteri che nell’immaginario collettivo e nel linguaggio politico-mediatico hanno assunto spesso il profilo degli esponenti dell’establishment finanziario. Fra tutti è Alessandro Profumo a “scendere in campo” con convinzione a fianco di Renzi e della sua “visione”. Lo convincono le proposte di alienazione di parti del patrimonio pubblico (“Ma un giorno dovremo valutare come sono stati creati gli enormi patrimoni privati di oltre 200 milioni di euro che riguarderebbero solo 36mila italiani”) la revisione del Patto di stabilità interno per liberare risorse utili alla ripresa, la riqualificazione della spesa per redistribuire la ricchezza. Ricchezza prodotta per il 18 per cento dall’industria e per l’82 da un tessuto produttivo inadeguato alla competizione internazionale. A causa, spiega Profumo, delle dimensioni ridotte delle nostre aziende, che producono un valore aggiunto inferiore a quello delle imprese di Germania e Francia a fronte di un costo del lavoro più alto. “È la vocazione al piccolo il vero problema da affrontare per una moderna politica industriale, assieme al rapporto tra aziende e banche che hanno prestato molto più denaro di quanto poi venga loro restituito e all’ostilità diffusa verso la cultura di impresa”.


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