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Letta riunisce i servizi segreti. Libia e privatizzazioni i dossier più caldi

Servizi segreti e governo confermano l’orientamento ad una attenzione particolare e crescente all’intelligence economica, ovvero alla tutela degli interessi economici, industriali e finanziari nazionali. Da ultimo, in ordine temporale, se ne è occupato il Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica (CISR) che si è riunito questa mattina, presieduto dal Presidente del Consiglio, Enrico Letta, con la partecipazione del Sottosegretario con delega ai Servizi, Marco Minniti, e dei Ministri di Interno, Esteri, Difesa, Giustizia, Economia e Sviluppo Economico. Lo scopo era, si legge nel comunicato ufficiale diffuso in serata da Palazzo Chigi, quello “di compiere una disamina sia delle recenti evoluzioni nei maggiori teatri di crisi, che dei risultati dell’azione informativa svolta dall’intelligence in settori di prioritario rilievo per la salvaguardia della sicurezza nazionale“.

Ampio spazio“, è precisato nel resoconto distribuito ai giornalisti, “è stato dedicato al tema della protezione degli interessi economici italiani, anzitutto dei fattori di competitività e di crescita, intesi come componente fondamentale della sicurezza nazionale. Oggetto di approfondimento è stata l’esigenza che, al complesso di iniziative finalizzate a sostenere l’internazionalizzazione del nostro sistema produttivo e ad attrarre investimenti esteri diretti, vengano, al contempo, affiancate adeguate misure di valutazione e di monitoraggio a difesa delle filiere produttive nazionali e del loro patrimonio industriale, tecnologico e scientifico“. Apertura massima a chi vuole investire ma anche attenzione a chi vuole depredare. Nelle ore in cui si compie il closing dell’americana GE su Avio, lasciando peraltro aperto il tema del ramo d’azienda (strategico, almeno potenzialmente) relativo allo spazio, non è da escludere che si sia ragionato sull’avanzata di operatori industriali stranieri (come la Safran francese) così come di capitali non sempre trasparenti (da Asia e paesi mediorientali) o le mire su diversi gioielli (di Stato come Saipem, ma non necessariamente).

Al riguardo, – le parole sono ancora quelle del comunicato ufficiale – il Comitato ha sottolineato che l’acquisizione di imprese nazionali da parte di operatori esteri può generare ricadute positive sul sistema economico e sui livelli occupazionali del nostro Paese a condizione che le nostre aziende siano tutelate dal rischio di essere vulnerate nel loro know how tecnologico, nella capacità occupazionale, nelle loro potenzialità commerciali e nelle quote di mercato“. Non è uno stop ad una certa idea di privatizzazioni che era emerse nelle cronache di questi giorni e in alcune dichiarazioni dello stesso Letta e neppure un riferimento a dossier noti come quelli di Telecom, Alitalia e Mps (tre realtà in diverse forme “sotto pressione“). Di certo può essere considerato come un invito alla prudenza e alla considerazione di tutti gli aspetti di natura strategica.

Economia è anche geopolitica e qui la specifica competenza dell’attuale direttore del Dis, l’ambasciatore Massolo, rappresenta una opportunità in più per il sistema della sicurezza italiana. Nel corso della riunione del Cisr, sono state, infatti, “discusse le implicazioni dell’attuale fase di tensione ed instabilità che caratterizza la sponda meridionale del Mediterraneo, con particolare riguardo ai critici sviluppi della transizione in Egitto, al perdurante conflitto in Siria, ed alla precarietà della cornice di sicurezza in Libia“. Anche in questo caso ministri e 007 “hanno convenuto nel sottolinearne il diretto impatto sull’intero spettro degli interessi nazionali italiani”. In Libia infatti la guerriglia delle bande armate ha provocato il crollo delle esportazioni di petrolio con danni ingenti all’economia di quel Paese ma anche di compagnie come l’italiana Eni. Il rischio che il dopo Gheddafi si trasformi in una anarchia ingovernabile presenta rischi altissimi.

Le frontiere libiche sono un colabrodo e se l’Egitto ha potuto chiudere le frontiere dopo l’evasione di massa (circa mile detenuti) dal carcere di Bengasi, non altrettanto ha potuto e può fare l’Italia bloccando le frontiere del mare. Se a questo, immigrazione clandestina di massa con infiltrazioni di criminali, aggiungiamo la preoccupazione per la penetrabilità di quel territorio alle organizzazioni terroristiche di matrice islamica (Al Qaeda e sue evoluzioni), ce n’è abbastanza per capire quale possa essere l’attenzione degli apparati di intelligence. Al livello politico tocca d’altra parte muovere nei canali ufficiali per supportare gli interessi della sicurezza nazionale. In questo senso, saranno state preziose le analisi e le discussioni emerse al Cisr anche in vista del vertice bilaterale con la Russia che vedrà impegnati settimana prossima i ministri degli Esteri e della Difesa, Bonino e Mauro.

Nessun riferimento, nel comunicato del governo, alle questioni interne. Dal caso Ablyazov all’accusa di terrorismo rivolta all’ala violenta dei No Tav fino al rischio di instabilità politica dopo la sentenza che ha visto Berlusconi condannato definitivamente, di tutto questo non si sarebbe parlato. Il focus è rimasto sugli aspetti “esterni” e fra questi – infine, ma nient’affatto meno importante – è da segnalare l’attenzione che è stata dedicata agli italiani rapiti all’estero. I casi di Domenico Quirico, giornalista de La Stampa, e del gesuita Paolo Dall’Oglio, entrambi scomparsi in Siria, sono in cima ai pensieri e agli sforzi dei servizi segreti e delle strutture della Farnesina. Qui però, più che per ogni altro dossier, vale l’antica regola: top secret.


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