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Tunisia, ecco perché continua a divampare la rivolta

Non c’è pace in Tunisia, protagonista di eventi agli antipodi e dal peso specifico assolutamente differente. Dopo l’omicidio lo scorso 25 luglio del deputato dell’opposizione Mohamed Brahmi, che ha peggiorato la crisi politica, oggi da un lato spicca la notizia della liberazione della 19enne Amina “Tyler” Sboui (nella foto), soprannominata la “Femen tunisina”, agli arresti dallo scorso maggio. Dall’altro la ripresa dei conflitti tra rivoluzionari ed esercito, con il sangue che torna a scorrere nel Paese: nella notte uccisi otto soldati.

Femen free
Era in carcere dallo scorso 19 maggio, ma il giudice presidente della “Chambre d’accusation” di Sousse, a cui si era rivolta la procura di Kairuan per contestare l’alleggerimento delle accuse contro di lei, ha optato per la libertà provvisoria. Al momento Amina sarà sottoposta a processo con la sola accusa di presunta “profanazione di tombe”, mentre poche ore prima era giunta l’assoluzione per l’accusa più grave a suo carico, ovvero oltraggio alle guardie carcerarie.

Cosa significa Amina libera
“Il primo sguardo è un grido di vittoria per chi ha avuto la meglio in nome delle proprie idee, rischiando e pagando” commenta la scrittrice italiana Ilaria Guidantoni da poche settimane rientrata da Tunisi e autrice del pamphlet “Tunisi: chiacchiere, datteri e thè” (Albeggi edizioni). Ma attenzione ai facili entusiasmi: “È solo un passaggio: è ora che inizia il cammino vero per non invalidare quanto fin qui percorso ed è ora che deve manifestarsi la solidarietà internazionale ma anche e soprattutto il metodo della rete in nome della libertà. Non usiamo le armi e non lasciamo che il mondo e soprattutto la stampa ci usi, non gestiamo il nostro corpo come fosse un oggetto ma abbassiamo la voce per far sentire la potenza dell’urlo. Il popolo tunisino sta insegnando al Mediterraneo la compostezza della lotta, la dignità e la sobrietà. Le donne ne dovrebbero essere il vessillo. È questa la strada e chi è più maturo, per età e per storia, dovrebbe guidare la giovane e acerba protesta delle Femen, non lasciarle allo sbaraglio, specchi della nostra giovinezza, mandandole poi alla deriva e al massacro”.

Tensione nel Paese
Ma un dato di fatto è rappresentato dalle continue manifestazioni – spontanee e organizzate – contro il governo islamista: i cittadini ne chiedono le dimissioni, con l’obiettivo di giungere ad un nuovo esecutivo di unità nazionale. Una situazione assolutamente frammentaria e instabile, con a fare da cornice la tensione che torna salire per via degli scontri tra manifestanti/terroristi e Forze dell’ordine.

Ancora sangue
Al confine con l’Algeria sono stati uccisi otto soldati, in occasione di scontri con gruppi rivoluzionari definiti dalle autorità come “terroristi”. Una brigata islamica avrebbe ucciso otto soldati nel corso di un conflitto a fuoco nei pressi della città di Kasserine. Si tratta di una zona in cui, precisano fonti militari, da sei mesi opererebbe una cellula legata ad Al Qaeda, dettaglio su cui si è anche espresso il canale televisivo Nessma, anche se le autorità non hanno voluto confermare né smentire.

Strategia “vietnamita”
Secondo la stampa tunisina il gruppo di ispirazione qaedista è presente nella zona Monte Chaambi e sarebbe composto soprattutto da veterani ribelli islamici del Mali. Due mesi fa sarebbero stati responsabili della morte di due soldati e del ferimento di altri venti.

 

twitter@FDepalo


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