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No Tav e No Muos, tornano i cattivi maestri. Risposta culturale e politica cercasi

Il filosofo ed europarlamentare Idv Gianni Vattimo giustifica la violenza in Val di Susa e spiega di vivere politicamente perché esistono movimenti come i No Tav e i No Muos. Il festival di Locarno premia un film coprodotto dalla Rai (!), “Sangue“, in cui si celebra un membro delle Brigate Rosse mai pentito che ha, fra l’altro, assassinato una persona solo perché il fratello di un “traditore” (per punirlo della sua collaborazione con i magistrati). Sono tornati i cattivi maestri? Certamente sono in circolazione tanti cattivi emuli di una stagione terribile alimentata da tensione e tentativi di destabilizzazione. Quando una profonda crisi attraversa un Paese, la sua politica, la sua economia, la sua società, emergono tutte le fragilità ma anche, ci si augura, quelle qualità che consentono una reazione e infine la ripresa. Naturalmente, nei momenti di difficoltà si agitano tante forze e non sempre positive. In Italia abbiamo, in questo senso, una tradizione della quale non essere particolarmente orgogliosi. È quella che alcuni vorrebbero riproporre o quanto meno giustificare.

L’autorità dello Stato viene ciclicamente messa in discussione da frange minoritarie ma con grandi capacità comunicative. I movimenti antagonisti come i No Tav e i No Muos sono la rielaborazione riveduta e corretta degli antenati degli anni ’70. Allora le battaglie erano nel segno del comunismo. Oggi, la teoria a base di queste organizzazioni è quella non meno fascinosa del “benecomunismo”. Sotto l’ombrello di questa filosofia dei diritti (ambiente e salute in primis) si ritrovano ambienti e gruppi diversi che poi vanno ad alimentare, dal punto di vista della rappresentanza politica, quella che un tempo si sarebbe detta “sinistra radicale” e che oggi si articola dal movimento 5 stelle a Sel a spezzoni di Pd. È qui, su questa base politico-culturale, che attecchiscono le frange violente, gli anarco insurrezionalisti, il popolo dei centri sociali, i nipotini delle Br. Si tratta, sia chiaro, di fenomeni molto diversi e distinti fra loro. Non c’è dubbio però che per tutti questi soggetti le battaglie per il No alla Tav o al Muos (o alle trivelle, o all’incenerimento dei rifiuti, o alla gestione industriale del ciclo dell’acqua) sono il luogo ideale per tornare a sfidare lo Stato. La risposta della cultura e della politica, molto prima che delle forze dell’ordine, non può trascurare queste premesse e non può non riguardare la sinistra e il nodo, evidentemente irrisolto, della sua identità.

In Val di Susa, la quantità e qualità degli scontri ha costretto la classe dirigente del Piemonte a fare i conti con la realtà di una protesta, già radicale, che ha finito per essere strutturalmente inquinata da forze che la stessa magistratura ha dovuto definire tecnicamente “terroriste”. La gravità delle violenze emerse nel fronte dei No Tav ha avuto una conseguenza positiva che è la ragione per cui, nonostante tutte le tensioni che persistono, è lecito essere ottimisti. Lì infatti il Partito democratico ha fatto chiarezza confermandosi forza di governo e presidio di responsabilità. Da Piero Fassino a tutto il gruppo dirigente piemontese, la risposta della sinistra è stata ferma nel denunciare sia la deriva violenta del movimento che i contenuti dello stesso. Tav è simbolo di progresso, di futuro, di Europa e in questo senso il Pd non si è contorto in posizioni doppie o ambigue. Ha preso posizione. Un suo deputato, Esposito, è divenuto bersaglio degli anatemi (e di gravissime minacce) da parte dei No Tav. È lui il simbolo migliore di una sinistra che sceglie e che non ha paura di avere alla propria sinistra nemici come i pentastellati.

Lo scenario che emerge a Niscemi è purtroppo di segno molto diverso. Qui, forse complice il risultato brillante ottenuto da Beppe Grillo alle elezioni regionali, la sinistra non ha maturato la stessa coscienza, anzi. Non solo il presidente regionale, l’arcobaleno Crocetta, ma tutto il Pd e persino esponenti che fanno riferimento all’americano Renzi mantengono un’ambiguità di fondo nei confronti del progetto, già in fase avanzatissima, del Muos. Anche qui la mistificazione dei contenuti è stata incredibile eppure capace di condizionare negativamente il Pd. In Sicilia non c’è (ancora) un Esposito e questo è un problema e non lo è solo relativamente all’avanzamento dei lavori del Muos – che lo Stato deve poter garantire senza concessioni alle frange violente e illegali del movimento che vi si oppone – ma è segno di una necessità di chiarezza che investe l’intero partito. Chi non rispetta le leggi, blocca i cantieri, occupa autostrade o provoca danneggiamenti a proprietà private, non manifesta per la garanzia dei propri diritti ma commette reati e delegittima le battaglie civili dietro le quali si nasconde. La risposta della sinistra è fondamentale.

A Vattimo e ai suoi allievi, a chi strumentalizza, radicalizzandole, alcune idee di Stefano Rodotà, ai neo celebranti delle gesta del Br Senzani (quello del film Sangue), non è giunta dalla politica e dalla cultura una risposta sufficientemente forte. È intervenuto molto correttamente Gian Carlo Caselli magistrato icona dell’antiterrorismo ed altrettanto hanno fatto il Corriere della Sera e ancor meglio la Stampa con un corsivo in prima pagina. Interventi ottimi ma insufficienti. Arginare la delegittimazione dell’autorità dello Stato da parte degli antagonisti di professione è il modo migliore sia per affermare il primato della politica che per togliere l’acqua al mulino di chi vuole destabilizzare l’Italia e minare la sua adesione alla Ue e all’alleanza atlantica. La sinistra (ma anche il centro e l’area moderata della destra) battano un colpo chiaro e non lascino, su questo tema, alcuna ambiguità.


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