Gli Usa sono divisi sull’opportunità di un intervento militare in Siria. Mesi di violenze tra il regime del presidente Bashar al-Assad e il fronte dei ribelli hanno reso incandescente la situazione, culminata in un attacco con armi chimiche nella regione di Damasco che ha provocato oltre 1300 morti.
L’aggressione, addebitata al regime siriano, ha spinto l’Amministrazione Usa a rafforzare la propria presenza navale nel Mediterraneo, prendendo in seria considerazione l’ipotesi di un coinvolgimento diretto per ristabilire la pace nella regione, sempre più scossa da attentati e tumulti. Tuttavia Obama appare incerto sul da farsi e si divide tra la ricerca di un improbabile via libera delle Nazioni Unite e le pressioni interne e degli alleati, mentre il tempo per porre rimedio all’escalation di violenza pare ormai prossimo alla fine.
In una conversazione con Formiche.net, lo scrittore e giornalista Carlo Panella, firma del Foglio e di Libero, spiega come i tentennamenti di Barack Obama “hanno fatto scivolare il Medio Oriente nel caos“.
Tra conferme e smentite di un attacco militare, la politica del presidente americano in Siria appare poco chiara. Come legge le mosse di Obama per ristabilire la pace nella regione?
Sono innanzitutto le mosse di un incapace. Tutta la sua strategia mediorientale è sottoposta a durissime critiche – negli Usa e non solo – semplicemente perché non esiste. Procede per piccoli aggiustamenti che si succedono disordinatamente. Ora, spinto anche dai suoi consiglieri, sente di dover intervenire in qualche modo introducendo un principio di attacco, perché in Medio Oriente si sente troppo la mancanza di un punto di riferimento. In pochi mesi sono saltati l’Egitto, la Siria, la Libia e quasi la Turchia in una sorta di “caos random”. Tuttavia Obama continua a lanciare il sasso e a nascondere la mano, trincerandosi dietro un via libera dell’Onu che sa benissimo non potrà mai arrivare. Non credo quindi che ci sarà nient’altro che un attacco dimostrativo, che non risolverà affatto la crisi siriana.
Eppure anche noti interventisti come l’esperto di strategia militare Edward Luttwak, sul New York Times e sulla Stampa, hanno ritenuto opportunamente cauto l’attendismo della Casa Bianca.
Ormai, per colpa esclusiva dell’Europa e di Obama, la situazione siriana è marcia. Si doveva intervenire un anno e mezzo fa con una semplice fornitura di armi ai ribelli, nelle cui fila c’è una presenza egemone e determinante di ex militari, che avrebbero contrastato in modo efficace il regime di Assad, probabilmente riuscendo anche a prevalere.
Tutto questo non è stato fatto e la funzione tecnica degli autoblindo necessari ai ribelli è stata sostituita dai terroristi islamici di Al Nusra che hanno dato sì dei grattacapi a regime, ma anche messo scompiglio in molti quartieri di città siriane come Aleppo e Homs, rendendo la situazione ancora più caotica.
Un caos acuito dall’Unione europea, irrimediabilmente divisa. Come si muoverà Bruxelles?
Semplicemente non farà nulla, perché non ha una politica estera. In più, è rappresentata in quel frangente da una persona inqualificabile come Catherine Ashton, Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. Purtroppo l’Europa continua a commettere gli errori di sempre. E in quel contesto anche l’Italia, pur con la ottima Emma Bonino, fa il grande sbaglio di mascherarsi dietro il multilateralismo e sta lì ad aspettare che le istituzioni decidano cosa fare, cosa che puntualmente non accade. Purtroppo tutto ciò avviene in contesto pericoloso per il nostro Paese che ha qualche migliaio di soldati in Libano, zona di immediata prossimità, naturalmente portata ad essere fagocitata dall’instabilità della regione, come alcune avvisaglie lasciano già presagire.
Visti gli interessi e la presenza nell’area, in caso di intervento militare l’Italia che posizione assumerà?
Se l’intervento dovesse essere unilaterale è evidente che il nostro Paese non vi parteciperà. La dottrina del governo Letta e di Giorgio Napolitano piega un’azione bellica alla decisione dell’Onu che non ci sarà, perché Russia e Cina non daranno il loro assenso.