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Parole e opere di un Papa sbarazzino

Il giorno dopo l’elezione a Papa, nell’agosto del 1978, Albino Luciani si presentò alla folla dicendo di non avere “né la sapientia cordis di Papa Giovanni né la preparazione e la cultura di Papa Paolo”. Però, aggiunse, “sono al loro posto e devo cercare di servire la chiesa”. Jorge Mario Bergoglio sa di non avere la grande preparazione teologica del predecessore (benché le sue omelie, anche quelle a braccio, siano infarcite di coltissimi riferimenti letterari, biblici, storici e teologici), ma è altrettanto consapevole che la sapientia cordis può sopperire a ciò. D’altronde, è sufficiente guardare le folle entusiaste per il Papa che scende dalla jeep in piazza San Pietro, che raccoglie peluche e rosari, che si ferma a sorbire un po’ di mate e che si lascia abbracciare e toccare da chiunque sosti dietro le transenne. E’ questa la vera rivoluzione, ha scritto qualcuno. Ben più che le beghe di curia e il rito stantio dei promoveatur ut amoveatur.

L’intervista aerea senza filtri

Francesco ha un suo stile, lontano anni luce dai protocolli dei palazzi vaticani. Ha stupito già appena eletto, rifiutando la mozzetta, le scarpe rosse, la croce d’oro e perfino i pantaloni bianchi. Un po’ troppo, ha mormorato anche qualcuno in Curia. Sembrava quasi la volontà di distinguersi in ogni modo dalla tradizione, di segnare uno spartiacque tra lui e chi l’aveva preceduto. Ma con il passare del tempo, si è compreso che Bergoglio fa tutto con naturalezza, rischiando anche di andare incontro a incomprensioni e piccoli incidenti. Non era mai accaduto, ad esempio, che il Papa si presentasse in aereo davanti ai giornalisti e si dichiarasse pronto a rispondere a qualunque domanda. Un’ora e mezza in piedi, mentre la stampa mondiale lì riunita gli chiedeva di tutto, dalla lobby gay alla riforma della curia, dai rapporti con Benedetto XVI al ruolo della donna nella Chiesa. E poi quelle omelie a braccio a Santa Marta, con le mezze frasi dette con lo spirito della battuta sullo Ior che nell’interpretazione comune corrispondevano alla volontà di farla finita con la banca vaticana.

Suore zitelle e consacrati zitelloni

Copione identico con le udienze del mercoledì, i colloqui riservati (che poi diventano pubblici) e le giornate a tema per l’Anno della fede. Spesso, frasi spiazzanti. Come quella pronunciata lo scorso maggio, davanti all’assemblea dell’Unione delle suore superiori generali a Roma: “La consacrata è madre, deve essere madre e non zitella”, disse il Papa. Concetto identico a quello ripetuto ieri, durante l’omelia in occasione del capitolo generale degli Agostiniani: “Con dolore penso ai consacrati che non sono fecondi, che sono zitelloni. L’inquietudine dell’amore spinge sempre ad andare incontro all’altro senza aspettare che sia l’altro a manifestare il suo bisogno”. Un Papa che parla chiaro e non si fa molti problemi circa il lessico da utilizzare. Dopotutto, dieci giorni fa Francesco all’Angelus diceva che “vivere la fede non è decorare la vita con un po’ di religione, come se fosse una torta e la si decora con la panna”.

Il rumore dei giovani

Ma è con i giovani che il Papa si sente più a suo agio, come hanno dimostrato le giornate trascorse di recente a Rio. Sempre ieri, incontrando una delegazione di giovani della diocesi di Piacenza-Bobbio giunti a Roma in occasione dell’Anno della fede, Bergoglio ha ripetuto: “Coraggio, andate avanti. Fate rumore eh? Dove sono i giovani deve esserci rumore. Poi si regolano le cose, ma l’illusione di un giovane è fare rumore sempre”. E ancora, l’invito “ad andare controcorrente”, a essere “coraggiosi”, a rifiutare “un po’ d’alcol, un po’ di droga”. Un giovane, ha aggiunto il Pontefice, non può essere triste: “Quando un giovane mi dice ‘Che brutti tempi questi, Padre, non si può fare niente’, io lo mando dallo psichiatra”.

Un Pontificato che, seppur appena iniziato, è già segnato da tanti gesti improvvisi e inattesi. Il viaggio a Lampedusa, prima di tutto. Nessuno ne sapeva niente. Ha deciso il Papa in persona, dandone notizia solo sette giorni prima, scavalcando la Segreteria di stato. Tutti elementi che sintetizzano l’imprevedibilità del Papa preso quasi alla fine del mondo che sale la scaletta dell’aereo non separandosi un solo istante dalla valigetta in pelle nera.



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