Con Papa Francesco tutto è possibile. Anche che la nomina del nuovo segretario di Stato (ormai semi-ufficiale) non corrisponda alle indiscrezioni della vigilia. Ma se tutto andrà come previsto, tra qualche settimana al posto di Tarcisio Bertone ci sarà Pietro Parolin.
È lui, l’attuale nunzio in Venezuela, l’uomo scelto da Bergoglio per guidare la macchina governativa della Santa Sede. Vicentino, 58 enne, Parolin è un fine diplomatico. Ordinato sacerdote nel 1980, sei anni dopo è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede. Africa e America latina le prime mete della sua esperienza internazionale: Nigeria dal 1986 al 1989 e Messico dal 1989 al 1992. Poi, è la volta degli anni in segreteria di stato: dal 1992 lavora nella seconda sezione, quella dei rapporti con gli stati, della quale diventerà sottosegretario dieci anni più tardi. E’ a lui che si deve l’opera di riconciliazione con il Vietnam e la risoluzione delle questioni lasciate in sospeso tra Vaticano e Israele. Ma è dal 2005 che Parolin inizia a studiare uno dei dossier che lo porteranno a diretto contatto con Benedetto XVI: le relazioni con la Cina comunista. Prudentemente, vengono ristabilìti i contatti con Pechino, e nel 2007 sarà lui ad avere un ruolo essenziale nella stesura della Lettera ai cattolici cinesi inviata dal Papa.
Diplomatico di carriera
Come scrive Gianni Valente su Vatican Insider, Pietro Parolin “in quegli anni viaggia per due volte anche a Pechino, insieme agli altri membri della delegazione vaticana. In quegli anni, sembra prendere forma l’inizio di una svolta concreta nei travagliati rapporti sino-vaticani”. Ma nel 2009, le cose cambiano e arriva il trasferimento a Caracas. Nunzio in Venezuela, la repubblica bolivariana di Hugo Chavez. Benedetto XVI lo ordina personalmente vescovo nella Basilica vaticana. Ed è allora che entra in contatto con il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, che ne apprezza le capacità di mediazione nei casi più spinosi che hanno contrapposto chiesa a potere politico e la grande meticolosità nello studio dei dossier. Quasi profetiche, poi, le sue parole alla vigilia dell’ultimo Conclave: “L’America latina ha tutti i titoli per poter esprimere un Papa. Non dimentichiamoci che è il Continente dove vive la maggioranza relativa dei cattolici del mondo. Si tratta di una chiesa viva, presente nella società, cosciente della sua vocazione di discepola e missionaria”, diceva intervistato da “La Voce d’Italia”, il giornale degli italiani in Venezuela.
Bertone rimane camerlengo
La scelta di Parolin non è comunque una sorpresa: già all’indomani dell’elezione, il suo nome figurava nella breve lista dei favoriti alla successione di Bertone. Con lui, si diceva, c’erano il cardinale Bertello e un altro nunzio, Luigi Ventura, attualmente rappresentante apostolico a Parigi. Con l’arcivescovo veneto è probabile che il capitolo delle relazioni con l’oriente tornerà con forza all’ordine del giorno. In particolare, i rapporti con la Cina. La nomina fin qui più importante di Francesco riporta la segreteria di stato nelle mani di un diplomatico di carriera. A finire, quindi, è la parentesi del salesiano Bertone, scelto da Benedetto XVI nonostante i mugugni che già nel 2006 si levarono tra i corridoi della curia romana. Ora il segretario di stato uscente manterrà la carica di Camerlengo e (almeno per ora) di presidente della commissione cardinalizia di sorveglianza sullo Ior. Nell’attesa che, forse, il Papa provveda diversamente.
La fretta di Dolan
Era stato il cardinale americano Timothy Dolan, lo scorso luglio, a esprimere i dubbi sulla permanenza di Bertone in segreteria di stato: “Sarebbe strano se non ci fossero cambiamenti entro ottobre”, aveva detto in un’intervista concessa al National Catholic Reporter. Da tempo si dava per probabile l’avvicendamento a fine estate, in modo da consentire all’ex arcivescovo di Genova di accompagnare il Papa nella settimana dedicata ai Giovani a Rio de Janeiro.