“La stampa progressista ci ha ignorati”, si lamenta il segretario dei Radicali Italiani, Mario Staderini, in prima fila in questi giorni per una campagna informativa sui referendum proposti su una serie di tematiche relative alla giustizia e alle libertà, come il divorzio breve e le droghe leggere. Staderini ammonisce: “Non dimentichiamo che la bancarotta della giustizia italiana rappresenta una zavorra per l’intero sistema Italia”.
Tre giorni di mobilitazione per raggiungere 500mila firme: un traguardo fattibile?
Direi tre giornate di sforzo per far conoscere agli italiani ciò che per due mesi non hanno avuto modo di conoscere, perché i media, la Rai su tutti, hanno taciuto. Ovvero che su tutto il territorio nazionale fino al 9 settembre si può firmare presso gli ottomila banchetti, tutti i giorni, che abbiamo approntato a nostre spese nei Comuni. Dalla legalità dell’informazione dunque dipenderà se riusciremo a farcela o meno. Abbiamo ancora un mese di tempo, per cui contiamo molto sul rush finale.
Come mai questo comportamento dei media?
I dodici referendum che proponiamo rappresentano l’unica strategia complessiva in grado di riformare questo Paese. Contrapporla o affiancarla al dibattito quotidiano non è facile per dei media che sono portati più ad inseguire quei battibecchi che occuparsi di vere misure riformatrici.
Eppure in questi giorni non manca attenzione ai casi giudiziari…
I quesiti relativi alla giustizia e ai magistrati hanno avuto più risalto proprio perché, rientrando all’interno delle classiche polemiche politiche, suscitavano la divisione tra pro e contro Berlusconi. Sorprende invece il silenzio su quesiti altrettanto importanti, come la modifica della legge Bossi-Fini sull’immigrazione, o della Fini-Giovanardi sulla droga, che dimostrano quell’urgenza straordinaria di intervento, essendo due questioni sociali non più procrastinabili. Sono argomenti di cui è stato vietato di discutere ovunque.
Troppo forti le resistenze corporativistiche?
In questo sorprende la censura vera e propria che c’è stata da parte della stampa progressista, da Repubblica sino al Fatto.
Pannella ha invitato Berlusconi a smetterla di inseguire una giustizia giusta “a spizzichi e bocconi”: quali le priorità di una riforma radicale?
Se si vuole operare una riforma netta è chiaro che non ci si può limitare ai quesiti sulla magistratura, come la responsabilità civile o la separazione delle carriere, ma vanno affrontate altre questioni come il carcere preventivo oltre che le politiche criminali come quelle condotte sull’immigrazione: e che rappresentano il 40% dei procedimenti penali, incidendo non solo sulle carceri ma proprio sui tempi della giustizia.
C’è un rischio strumentalizzazione?
Il rischio che si sta correndo è da chi, nel versante pidiellino, vuole appoggiare solo 4 o 5 quesiti tralasciando poi la questione centrale, penso anche al divorzio breve che incide per il 10% nell’arretrato civile.
Come far capire ai cittadini l’importanza di questi referendum al di là della contingenza politica del momento?
Una riforma della giustizia intesa come l’urgenza di fornire un servizio efficiente e corretto ai cittadini è una priorità che segnalano tutte le istituzioni. Penso non solo dalle condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo, ma anche a quegli organismi come Banca d’Italia o World Economic Forum rispetto alla ripresa economica. Non dimentichiamo che la bancarotta della giustizia italiana rappresenta una zavorra per l’intero sistema Italia.
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