Nessuno spoil-system, nessuna caccia alle streghe. Il messaggio dato ieri dal Papa è chiaro: se ne va Bertone, ma tutti gli altri vertici della Segreteria di stato rimangono al loro posto. A cominciare dal Sostituto, mons. Giovanni Angelo Becciu, tra i più vicini a Francesco e – ipotizza Repubblica – possibile futuro moderator curiae se Bergoglio dovesse far proprio il suggerimento del cardinale Coccopalmerio circa l’eventualità di istituire una figura di coordinatore dei dicasteri. Confermati anche il segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Dominique Mamberti, l’assessore per gli Affari generali, mons. Peter Wells, e il sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Antoine Camilleri. Importante anche la conferma del prefetto della Casa pontificia, l’arcivescovo Georg Ganswein. Il messaggio è chiaro, scrive sulla Stampa Andrea Tornielli: queste decisioni significano “che per il momento Bergoglio non vuole dare ulteriori scosse, in attesa di varare la riforma della Curia”.
Nessuna svolta a breve
Ed è su questo punto che ora si concentrerà l’attenzione del Papa. Tempo al tempo, è la massima implicita di Francesco. Prima si guarda, si studia, si ascolta. E solo dopo, con calma, si decide. Non ha dato ascolto a chi gli chiedeva di silurare Bertone all’indomani dell’elezione, ma di certo non gli è sfuggito il passaggio dell’intervista concessa dal cardinale Dolan al National Catholic Reporter in cui il porporato americano lamentava la lentezza nel cambio di passo: “mi aspetto che dopo la pausa estiva si concretizzi qualche segnale in più in merito al cambiamento della gestione”.
Il riferimento, chiarissimo, era al segretario di stato. E così è stato. Sistemata la questione di Bertone, la palla passa ora al consiglio cardinalizio incaricato di studiare la riforma della costituzione apostolica Pastor Bonus che regola il funzionamento della curia. Non sono attese svolte epocali nell’immediato, l’ha chiarito lo stesso Pontefice durante l’intervista concessa a bordo dell’aereo Rio-Roma che lo riportava in Vaticano al termine della Giornata mondiale della Gioventù: ci vuole tempo, le proposte sono tante, giungono da ogni parte del mondo. Bisognerà fare una sintesi, “dopo quella di ottobre ci saranno altre due o tre riunioni prima della decisione definitiva”, ha detto poco più di un mese fa.
Il governo orizzontale
L’obiettivo, ed è sempre stato il Papa a dichiararlo, è quello di giungere progressivamente a un’armonia tra primato ed episcopati locali. Non a caso, tra le riforme che più premono a Francesco c’è quella del Segretariato del Sinodo. Una curia che, insomma, dovrà essere aperta al mondo e impegnata a condividere parte del suo potere. E’ quella gestione orizzontale da molti invocata negli ultimi anni e anche nelle congregazioni generali cardinalizie prima del Conclave.
Bertoniani nei dicasteri economici
Particolare attenzione sarà data alla riforma dell’apparato economico della Santa Sede. Una particolare commissione è già stata istituita (tramite chirografo papale), ma l’argomento entrerà anche nelle discussioni degli otto cardinali nominati lo scorso aprile. Bergoglio ha dovuto accelerare, l’ha detto lui stesso: “Pensavo di occuparmene l’anno prossimo”, ma gli sviluppi degli ultimi mesi (il caso Ior e l’arresto di mons. Scarano, dipendente dell’Apsa) hanno costretto a mettere mano fin da subito al dossier.
Più di un cardinale (anche nelle riunioni che hanno anticipato l’ingresso in Sistina) hanno fatto notare che le strutture economiche della Santa Sede sono troppe: c’è la Prefettura per gli Affari economici, c’è l’Amministrazione del Patrimonio della Sede apostolica, c’è l’Autorità di Informazione finanziaria. E nonostante questa molteplicità di organismi, scandali e aspetti poco chiari continuano a sussistere. Ecco perché è sul tavolo l’ipotesi di accorpare qualche ufficio o, quantomeno, di ridefinirne funzioni e compiti.
C’è poi chi fa notare che due di questi tre organismi sono guidati da fedelissimi del cardinale Bertone, che li ha scelti personalmente qualche anno fa, creando più di un malumore nei Sacri Palazzi. Il cardinale Giuseppe Versaldi è infatti il presidente della Prefettura per gli Affari economici, mentre il cardinale Domenico Calcagno è a guida dell’Apsa. Ma Francesco, almeno per il momento, non ha intenzione di fare tabula rasa né di rimuovere chi è vicino all’ormai ex segretario di stato. Non è nel suo stile, non lo vuole e non ritiene sia utile.