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Renzi e le troppe conversioni sulla via di Firenze

Altro che “partito delle correnti”. Il Pd somiglia sempre più – manco a dirlo – a un fan club di Matteo Renzi.

Non si contano più gli endorsement che il sindaco di Firenze raccoglie per l’Italia persino da insospettabili ex avversari, bersaniani di ferro che dopo aver apostrofato il rampante primo cittadino toscano coi peggiori epiteti, oggi ne tessono le lodi.

Nel corso dei mesi si è aggiunto di tutto alla pattuglia renziana: dall’ex Ds Nicola Latorre, dalemiano di stretta osservanza, al ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Graziano Delrio per arrivare al leader di Sel Nichi Vendola, che prima lo vedeva come fumo negli occhi.

A questi va sommata una pletora di amministratori locali, il cosiddetto partito dei sindaci, capeggiato dal presidente dell’Anci, il sindaco di Torino Piero Fassino, ma con le radici più solide in Sicilia, dove possono essere definiti renziani anche il primo cittadino di Catania Enzo Bianco e quello di Palermo Leoluca Orlando.

Il supporto (non rifiutato da Renzi) che genera maggior clamore è senz’altro quello del simbolo stesso della campagna di rottamazione che ha reso celebre il sindaco di Firenze: Massimo D’Alema. Un’intesa nata per rompere l’asse governativo composto dal trio Letta-Bersani-Franceschini, che aveva di fatto messo ai margini i due.

Un’alleanza che tuttavia pare ormai traballante, viste le parole del ministro per i rapporti con il Parlamento Dario Franceschini, che – si legge su Repubblica – oggi ha rotto il silenzio dichiarandosi disponibile a sostenere il primo cittadino toscano. “Dopo anni di scontri nel centrosinistra – ha detto Franceschini – c’è bisogno adesso di unità e se Renzi, come ha detto, lavorerà da segretario per innovare il Pd, tenendolo unito e non dividendolo sono pronto a votarlo”.

E dopo l’endorsement dell’ex margheritino, sul “carro” di Renzi si scorge ora anche un altro ex democristiano come Beppe Fioroni, che ha definito di fatto inutile la celebrazione del congresso, dal momento che il sindaco di Firenze raccoglierebbe a se circa l’80% dei consensi, mentre i candidati restanti – tra cui il dalemiano Gianni Cuperlo – faticherebbero tutti insieme a dividersi il 20%.

L’unica apparentemente a dissentire è la direttrice di Youdem, la bersaniana Chiara Geloni, che invita alla calma, spiegando che “il punto”, ancora da chiarire, “è se Renzi tiene unito il partito”.

Una domanda che troverà risposta solo nelle prossime settimane, quando apparirà chiaro quali saranno le sorti politiche del premier Enrico Letta e del governo di larghe intese, per il quale molti – quasi tutti, a quanto pare – intravedono una fine prematura e ingloriosa.

Chi invece ha già deciso dove schierarsi è, un po’ a sorpresa, una larga schiera di ex socialisti che raccoglie anche esponenti della Cgil, che dopo l’idea lanciata da Renzi di aderire al Pse ha stilato un documento in cui definisce Renzi come “un’idea d’innovazione e una speranza per l’Italia”.

Un po’ troppo anche per il sempre equilibrato “giovane turco” Matteo Orfini, che prende ironicamente atto di come il sindaco di Firenze voglia “rivoluzionare” il Pd insieme a Franceschini, Fioroni, Veltroni, Bettini, Fassino. “Sarà un congresso divertente”, aggiunge.

A commentare con la consueta ironia queste iscrizioni di massa alla “corrente” del sindaco di Firenze è il giornalista ed ex deputato del Pd Mario Adinolfi, “renziano” della prima ora, che commenta caustico: “Adesso che siete tutti renziani, diteci almeno: “Scusate, abbiamo sbagliato, se davamo retta a voi nove mesi fa non perdevamo le elezioni”. Chissà se qualcuno gli dirà che aveva ragione.


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