Skip to main content

Pd e Pdl pronti all’accordo sui ritocchi al Porcellum

Partito Democratico e Popolo della libertà sono vicini a trovare un accordo su un pacchetto di cambiamenti mirati della legge Calderoli. Le voci e indiscrezioni delle ultime settimane hanno trovato riscontro nel dibattito alla Festa nazionale del Pd tra il ministro delle riforme istituzionali Gaetano Quagliariello e la presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato Anna Finocchiaro. Ed è nell’organismo di Palazzo Madama che domani pomeriggio prenderà avvio l’esame dei progetti relativi al nuovo meccanismo di voto.

Lo stato maggiore del Nazareno sacrifica la vocazione maggioritaria

La posizione assunta dai vertici del Pd viene prefigurata nelle parole con cui Anna Finocchiaro rivendica in polemica con Matteo Renzi la netta separazione di ruoli tra il segretario di “un partito radicato organizzato militante, che deve essere eletto tra gli aderenti e iscritti, e il candidato premier che va scelto da una platea più vasta di elettori e cittadini”. Emerge una visione di forza politica e di dinamica istituzionale lontana se non antitetica rispetto all’originaria vocazione maggioritaria del Partito democratico e alle democrazie competitive in cui le due figure coincidono. Recuperando lo schema caro a Pier Luigi Bersani e ai fautori del “partito identitario” dell’alleanza progressista tra formazioni eterogenee in cui ognuno coltiva il proprio campo, la presidente della Commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama rivela l’ampia disponibilità del Pd a rinunciare alle proposte di legge tendenzialmente maggioritarie uninominali presentate a sua prima firma: il doppio turno di collegio di tipo francese, sia pur pesantemente condizionato dal 30 per cento di recupero proporzionale in liste bloccate, e il ripristino del Mattarellum corretto dall’abrogazione dello scorporo e del voto distinto fra collegi e liste oltre che dalla previsione di un bonus di governabilità ricavato dalla quota proporzionale.

La strada da privilegiare è “giungere a un metodo che restituisca la scelta dei parlamentari agli elettori, eviti la clamorosa sproporzione nelle maggioranze tra Camera e Senato, garantisca la governabilità evitando il premio abnorme all’alleanza vincente priva di un livello minimo di consensi”. Prova eloquente della volontà del Nazareno di sacrificare la sua propensione maggioritaria pur di trovare l’accordo con il centro-destra su un testo spiccatamente proporzionale è la sede istituzionale individuata per iniziare il percorso legislativo. Perché al contrario di Montecitorio, rimarca Finocchiaro, a Palazzo Madama il rapporto di forza tra gli schieramenti è più equilibrato e tutti possono essere garantiti. Esattamente il punto che aveva provocato la dura reazione del deputato democrat vicino a Renzi, Roberto Giachetti, già fautore di una mozione parlamentare per il ritorno al Mattarellum sconfitta con il contributo decisivo del Pd e fortemente critico verso l’inserimento della riforma elettorale nei lavori del Senato.

La sponda del centro-destra e nel governo

La direzione di marcia tracciata da Anna Finocchiaro trova profonda consonanza e accoglienza nella riflessione di Gaetano Quagliariello, a giudizio del quale la correzione del meccanismo di voto in vigore è urgente per una ragione storica. “La legge Calderoli fu concepita in un un periodo dominato da due grandi schieramenti entrambi vicini al 45 per cento dei consensi, per cui il bonus di governabilità era limitato al 10 per cento e del tutto compatibile con gli standard della rappresentanza politica. Adesso, con una dialettica tripolare e con le due alleanze principali sotto il 30 per cento dei voti quel premio è intollerabile e abnorme, visto che alla Camera produce una distorsione maggiore di quella creata dalla normativa Acerbo messa a punto dal governo fascista nel 1924”. Una grave anomalia che va sanata prima possibile. Anche perché sulla costituzionalità del Porcellum incombe il verdetto della Consulta previsto il 3 dicembre. Ragion per cui “il governo farà di tutto per stimolare le forze politiche e i gruppi parlamentari a decidere e votare”.

Bussola e paletti sembrano già delineati: “Uniformare i meccanismi per le due Camere, rendere riconoscibili gli eletti agli elettori, stabilire un livello minimo di suffragi per conquistare il bonus di governabilità”. La predilezione dell’esponente del centro-destra va al progetto disegnato da Luciano Violante, il doppio turno di coalizione per cui se nessun’alleanza raggiunge almeno il 40 per cento dei consensi è prevista una tornata decisiva tra i due poli più votati con il premio di governabilità in palio. Non vi è spazio, al momento, per modelli alternativi. Le trattative sulle nuove regole devono restare riservate alle forze politiche, come rivela una frase pronunciata dallo stesso Quagliariello nel corso dell’illustrazione della terza tappa dell’iniziativa “Partecipa”, la consultazione telematica promossa da Palazzo Chigi per conoscere l’opinione e le indicazioni dei cittadini sul tema delle riforme istituzionali. Replicando all’obiezione avanzata da Formiche.net sul perché fra i numerosi e complessi interrogativi sottoposti agli italiani mancasse proprio la domanda sui sistemi elettorali, il ministro ha risposto che “i vari meccanismi di voto tra cui scegliere potevano prestarsi a interpretazioni ambigue e ad assenza di limpidezza nelle risposte”.


×

Iscriviti alla newsletter