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Vi spiego perché Papa Francesco non è un pacifista che si oppone alle guerre giuste. Parla il vaticanista Thavis

Andateci piano, prima di dire che Bergoglio è un pacifista che ribalta totalmente la concezione wojtylana di guerra giusta. John Thavis, vaticanista di lungo corso e in questi giorni in Italia per presentare il suo ultimo libro, spiega a Formiche.net perché la posizione della Santa Sede non è netta e che un domani, in caso di strike, potrà essere “aggiornata”.

Giovanni Paolo II, all’inizio degli anni Novanta, si pronunciò a favore di interventi di polizia umanitaria “nelle situazioni che compromettono gravemente la sopravvivenza di popoli e di interi gruppi etnici”. Parlò di “dovere per le nazioni e la comunità internazionale”. Pensa che oggi, con Francesco, questo concetto sia ormai superato?
Non credo che per Papa Francesco il concetto di ingerenza umanitaria sia superato. Ritengo che, più semplicemente, per il Vaticano la situazione in Siria non pone le condizioni per giustificare un tale intervento. Anche perché un intervento militare contro il regime di Bashar el Assad sarebbe programmato come punizione o deterrente, ma non come l’avvio di un piano capace di porre fine alla sofferenza della popolazione civile.

A suo parere, Bergoglio sta archiviando il concetto di “guerra giusta”?
Credo che le dichiarazioni del Papa siano indirizzate soprattutto all’attuale situazione della crisi siriana e alla possibile escalation militare che potrebbe coinvolgere altri paesi nella regione. Non penso che Bergoglio stia archiviando il concetto di “guerra giusta” per ogni altra circostanza. E’ certo, però, che gli insegnamenti della chiesa tendono a sottolineare che oggi le condizioni per una “guerra giusta” sono molto limitate.

Ritiene che quando (e se) il conflitto scoppierà, la Santa Sede sarà pronta a riconsiderare la posizione di netta chiusura alla guerra, o a quel punto si potrà assistere a una svolta di tipica Realpolitik?
Il Vaticano valuta anche l’evolversi della situazione in termini politici e diplomatici, e non assume solamente su una posizione tradotta nella frase “mai più guerra”. Ecco perché, se ci sarà un attacco militare contro il regime di Damasco, mi attendo un aggiornamento della posizione circa le opzioni politiche internazionali. Non, però, sul giudizio riguardo l’efficacia o meno della guerra.

La posizione degli Stati Uniti: mentre il presidente Obama spinge per l’intervento, la conferenza episcopale invita i fedeli a premere sui propri membri al Congresso per votare contro la risoluzione che autorizza gli strike. Che peso può avere, l’azione di Dolan & co., sul piano politico?
La posizione della conferenza episcopale statunitense è sorprendente netta, soprattutto perchè non chiedono solo preghiere o riflessione ma una campagna politica contro un piano proposto dal presidente. Avrà un peso per i cattolici, che rappresentano 25 per cento della popolazione, anche se alcuni vedranno in quest’offensiva una mossa politica piuttosto che morale.

Con il ritorno di un diplomatico alla guida della Segreteria di Stato, mons. Pietro Parolin, potrà beneficiarne anche l’azione diplomatica della Santa Sede nei contesti di crisi nel mondo?
Data la situazione attuale, sarebbe stato più opportuno se Parolin, un astuto diplomatico, fosse già al lavoro come Segretario di Stato.


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