Certo non si può contestare che il Papa sia coraggioso e aperto. E’, infatti, con il criterio della massima disponibilità che Francesco ha deciso di aprire un dialogo diretto e sincero con la parte più autorevole della cultura laica italiana, quella che ruota attorno a Repubblica.
L’occasione è stata una serie di domande di Eugenio Scalfari, cui il Santo Padre ha risposto con una lunga lettera pubblicata ieri sul quotidiano. I presupposti, in realtà, non erano facili. Scalfari ha confessato subito di “non essere né un credente né qualcuno che cerca Dio”, tenendosi quindi a debita distanza.
Francesco, tuttavia, ha apprezzato l’attenzione particolare con cui è stata presa in considerazione la sua ultima Enciclica Lumen fidei, un documento che ha per oggetto appunto il significato autentico del Cristianesimo. Per questo nella missiva, facendo sua l’eredità di Benedetto XVI, del Concilio Vaticano II e di Giovanni XXIII, il Papa ha esordito parlando del rapporto personale con Gesù Cristo. D’altronde, una delle critiche roventi che da sempre è rivolta alla Chiesa è esattamente di aver abbandonato il Vangelo, la vita e la predicazione di Cristo a vantaggio dei dogmi e delle prescrizioni morali. Il Papa ha profittato dell’occasione, invece, per chiarire a tutti che credere è un verbo che si coniuga alla prima persona, una risorsa e un legame soggettivo, una missione impegnativa ed eroica da non confondersi con la religiosità che è invece adesione distaccata a una serie di valori non vissuti.
Francesco ha spiegato che “per chi cerca di essere fedele al dono di seguire Gesù nella luce della fede deriva un dialogo non accessorio e secondario nell’esistenza del credente: un’espressione intima e indispensabile”. In tal senso, prima ancora di sentire una disponibilità al confronto con il non credente, il cristiano ha già accettato la sfida trascendente del dialogo con Dio, una relazione in cui vi sono due protagonisti: l’Io umano e il Tu divino. E’ per questo, d’altronde, che la fede non è facile da vivere, perché presuppone che si abbia il coraggio di uscire da se stessi e lasciarsi conquistare da Dio e dal prossimo nella Chiesa.
L’aspetto più rilevante del meraviglioso intervento del Papa è la risposta che egli ha offerto alla domanda provocatoria che la modernità e l’illuminismo hanno mosso ai cristiani: esiste una verità assoluta o tutto è relativo?
Secondo Francesco vi è un diverso rapporto verso la verità da parte del credente e del non credente. Pensarsi creato da Dio significa collocare il senso della vita in riferimento ad una “realtà” che oltrepassa le proprie idee e i propri criteri, una disponibilità a comprendersi e farsi guidare dall’eternità nella via della salvezza. Il Papa ha precisato, però, che da tale interazione con Dio non deriva una verità assoluta nel senso moderno del termine. E’ una presenza che entra all’interno della vita personale, lasciandosi afferrare nel mistero dell’Incarnazione di Dio che si fa uomo: una verità che viene dall’esterno, restando sempre inesauribile alla conoscenza limitata del credente.
E’ questo un punto realmente originale del magistero di Francesco. Sebbene, infatti, al pari di Ratzinger, egli consideri la fede inseparabile dalla ragione, e la visione religiosa l’antidoto più efficace al materialismo contemporaneo, il suo messaggio rileva soprattutto la portata universale della coscienza, voce interiore comune dell’intero genere umano. Si può dire, insomma, che il credente non ha nessuna superiorità che autorizzi intransigenza e aggressività verso gli altri, giacché, in definitiva, il suo assoluto non è “suo”, ma gli è donato da Dio e dalla Chiesa.
Si può aggiungere che “il culto dell’assoluto”, in realtà, è una dottrina partorita dalla cultura moderna e dall’Illuminismo, non dal Cristianesimo. Uccidere Dio, o dichiarane la sua morte, come diceva Friedrich Nietzsche, è il prodotto di un tipo di sapere e di mentalità laicista, chiusa in se stessa, il quale ha finito per legittimare ideologie collettive in grado di schiacciare con la forza del potere e della violenza la libertà individuale. Il Papa sembra ricordare a tutti, in definitiva, che il dialogo tra credenti e non credenti è un bene prezioso, ma è possibile soltanto accettando la libertà ed escludendo la dittatura del relativismo.