Non è facile raggiungere Caorle, ridente cittadina in provincia di Venezia. Dopo due tratti di autostrada sull’A13 prima, sull’A4 poi, occorre infilare un pezzo di strada provinciale, costeggiando cittadine fiorenti e campi dismessi. Più volte sbagliando strada ingannati dal navigatore, ci interroghiamo sul motivo per cui Scelta civica abbia deciso di svolgere la sua prima Festa nel profondo Nord Est, in una località di cui la maggioranza degli italiani stenta a ricordare l’esistenza.
Perché Caorle
Poi, come Dio vuole, arriviamo a Caorle. E qui abbiamo la prima piacevole sorpresa: i vigili urbani sono gentili e forniscono indicazioni precise per dove parcheggiare l’automobile senza dover allontanarsi troppo da quell’incastro di piazzette, raccolto intorno al palazzo dell’Arcivescovado, dove si svolge la Festa. E subito ci rendiamo conto che l’iniziativa di SC non avrebbe potuto svolgersi altrove. Si racconta che per organizzare la Festa in quella località abbia insistito parecchio il responsabile organizzativo del movimento, il veneto Andrea Causin. Addirittura qualcuno si spinge a coltivare la leggenda che il sindaco (bella la foto della giunta comunale raccolta intorno a Mario Monti) sia “uno dei nostri” come se Caorle fosse la prima zona liberata (una sorta di Repubblica dell’Ossola) del montismo.
E’ qui la Festa?
La Festa è raccolta in due locali di due edifici moderni e in due tendoni all’aperto, sufficienti ad ospitare la filiera dei dibattiti, unificati dal tema del cambiamento e distribuiti sulle tematiche attinenti ad un’Italia più forte, più giusta, più semplice, più bella. Poi, nel mezzo, un piccolo anfiteatro riservato agli incontri più importanti, a partire dall’iniziativa d’apertura incentrata su di un confronto tra Mario Monti e il premier Enrico Letta. Parva sed apta mihi, potremmo dire.
Confronto Monti-Renzi
Tuttavia, ad un mio vicino, proveniente da Forlì, è sufficiente moltiplicare le file di sedie ed il numero delle stesse per ogni fila per calcolare che ad assistere a quell’evento saranno al massimo 400 persone. E non si capacita del fatto che, la sera prima nella sua città, Matteo Renzi ne aveva raccolte almeno 6mila. Ma a Scelta civica interessa la qualità. Così, quanto a partecipazione qualificata (proveniente dalle principali forze politiche ma con un opportuno cordone sanitario verso le altre) la Festa non si è fatta mancare nulla. Ma che cosa d’altro aspettarsi da un movimento di élite come quello fondato da Monti proprio con tali caratteristiche?
Un sano elitismo
Le proposte che fioccano sono sicuramente le migliori: nessun populismo, nessuna demagogia ma grande competenza acquisita attraverso studi eccellenti, esperienze significative ed incarichi prestigiosi. Monti addirittura si spinge nelle conclusioni della domenica ad affermare che Scelta civica non cercherà mai di prendere voti raccontando delle bugie agli elettori. Ed arriva persino a minacciare l’uscita del suo movimento dal governo se non si arriverà ad un “patto di coalizione” per varare la legge di stabilità. Ma la cautela nei confronti dell’azione dell’esecutivo è troppo superiore al necessario.
Smontare il montismo
Si finge di non vedere che le principali forze di maggioranza, quando parlano di riforme, hanno in mente soltanto una profonda revisione delle misure più importanti tra quelle assunte dal governo Monti. I dissensi sulla soppressione dell’Imu non potranno non portare a delle distinzioni molto chiare con il Pdl. Poi verrà il turno del Pd, se e quando si affronterà il tema delle pensioni. Sui precari della pubblica amministrazione Monti ha preso carta e penna per avanzare al ministro Gianpiero D’Alia dei rilievi insuperabili, poi ripresi da Pietro Ichino, in qualità di relatore sul parere della Commissione Lavoro del Senato (a Palazzo Madama la Commissione competente sul pubblico impiego è la prima, Affari Costituzionali). Qualcuno noterà che Gianpiero D’Alia appartiene, in quota Udc, al gruppo di Scelta civica alla Camera.
Udc tra croce e delizia
Appunto, l’Udc, croce e delizia nel dibattito di Scelta civica. Le due Feste si sono svolte nei medesimi giorni a quasi 500 Km di distanza. I leader si sono scambiati gesti di cortesia, ma le differenze sono ormai tante. Sul caso Berlusconi, per esempio. Pier Ferdinando Casini si rifiuta di considerare la vicenda pubblica del Cavaliere come una storia criminale; Monti difende la legge Severino con una fermezza che sarebbe più gradita in altre circostanze, senza chiedersi perché il Pd dell’azione del governo da lui presieduto sia affezionato solo a quel provvedimento. Infine, Casini indica una prospettiva politica all’interno di una forza nazionale legata al popolarismo europeo che inglobi oltre al suo partito, Scelta civica ed una parte del Pdl (quale?, chi la sceglie?, e con quali criteri?).
Monti interlocutorio
Va da sé che, dal profondo del suo insuccesso elettorale, il leader Udc non è in grado di mettere in riga forze politiche ben più consistenti della sua. Ma la risposta di Monti è interlocutoria: alla fine Scelta civica va avanti da sola. E per quanto riguarda le affiliazioni europee se ne parlerà a tempo debito. Questa incertezza non può durare a lungo e non è corretto farla diventare una strategia, quando è soltanto lo specchio di un movimento diviso. Proprio nei giorni del meeting di Caorle, Andrea Olivero ha rilasciato un’intervista all’Unità nella quale affermava che, se si andasse a votare anticipatamente, il posto di Sc dovrebbe essere in coalizione con il Pd. L’ombra del Partito d’Azione si proietta sul futuro di Scelta civica. Sarebbe un peccato. Ma la politica ha delle ragioni che la ragione non conosce.