Torna al Concilio di Trento, Papa Francesco. Lo fa parlando al Convegno per i nuovi vescovi, organizzato dalla Congregazione per i vescovi e da quella per le chiese orientali. Il Papa cita espressamente “l’antica legge della residenza che non è passata di moda”, ovvero l’obbligo codificato nel ‘500 a Trento per i vescovi di risiedere nelle rispettive diocesi. E questo, spiega Francesco, perché “è importante che il vescovo rimanga con il gregge, in diocesi, senza cercare cambi o promozioni”. Tutto questo, ha aggiunto, “è necessario per il buon governo pastorale”. Secondo l’accurata ricostruzione di Radio Vaticana, il Pontefice ha accennato a qualche eccezione, come “la sollecitudine per le altre chiese e per quella universale che possono chiedere di assentarsi dalla diocesi, ma ciò deve avvenire per lo stretto tempo necessario e non abitualmente”. Per chiarire ancora meglio il concetto, Bergoglio ha detto che “la residenza non è richiesta solo per una buona organizzazione, non è un elemento funzionale”, ma “ha una radice teologica”. Ecco perché segue l’esortazione a “evitare lo scandalo di essere vescovi di aeroporto”.
Il precedente del cardinale Gantin
Fa propria ed esalta, il Papa, una battaglia per anni condotta dal cardinale Bernardin Gantin, primo africano a raggiungere posizioni di vertice in curia. Il porporato beninese (scomparso qualche anno fa), già decano del collegio cardinalizio prima di Joseph Ratzinger e per quattordici anni prefetto della Congregazione per i vescovi, si diceva “convinto che quando un ecclesiastico viene eletto vescovo in una piccola diocesi, dovrebbe ritenersi contento, dovrebbe considerarsi il padre di quella porzione del popolo di Dio, sapendo che la paternità e per sempre. Se invece già all’inizio pensa di essere trasferito in una diocesi più grande e prestigiosa, allora le cose non vanno più bene. Non dovrebbero esistere infatti diocesi piccole e grandi, prestigiose e sconosciute, ma diocesi e basta. Capisco che si possa nutrire un po’ di ambizione per crescere, per migliorarsi, ma la pretesa no, è ingiustificabile e dannosa”, spiegava in un’intervista al mensile 30Giorni nel 2002. In realtà, prima di Gantin già il cardinale Fagiolo aveva detto che per evitare il carrierismo nella chiesa si doveva tornare alla disciplina della chiesa antica, secondo la quale i vescovi, una volta nominati in una determinata sede, vi restano per sempre”.
“Rispondete alle telefonate dei vostri preti”
Anche ai presuli ricevuti stamattina, Francesco ha dato le consegne per la missione episcopale: “Tra i primi compiti che avete c’è la cura spirituale del presbiterio, ma non dimenticate le necessità umane di ciascun sacerdote, soprattutto nei momenti più delicati ed importanti del loro ministero e della loro vita. Non è mai tempo perso quello passato con i sacerdoti! Riceverli quando lo chiedono; non lasciare senza risposta una chiamata telefonica davanti alla chiamata di un prete”. E poi, ancora una volta, l’invito a uscire: “Non chiudetevi, scendete in mezzo ai vostri fedeli, anche nelle periferie delle vostre diocesi e in tutte quelle periferie esistenziali dove c’è sofferenza, solitudine, degrado umano. Presenza pastorale significa camminare con il popolo di Dio: davanti, indicando la via; in mezzo, per rafforzarlo nell’unità; dietro, sia perché nessuno rimanga indietro, ma, soprattutto, per seguire il fiuto che ha il popolo di Dio per trovare nuove strade”. Anche perché, ha aggiunto Bergoglio, “un vescovo che vive in mezzo ai fedeli ha le orecchie aperte per ascoltare le voci delle pecore”. E’ la ripresa di quanto più volte affermato in questi primi mesi di pontificato, a partire dall’omelia pronunciata per la messa del Crisma, lo scorso marzo. “Noi pastori non siamo uomini con la psicologia da principi, uomini ambiziosi, che sono sposi di una chiesa, nell’attesa di un’altra più bella, più importante o più ricca. Ma questo è uno scandalo. State bene attenti di non cadere nello spirito del carrierismo. E’ un cancro”.