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Non solo Telecom. Parliamo di Avio? I timori di Bussoletti

L’Italia è ai saldi di fine stagione? Si rischia lo smantellamento del sistema tecnologico e produttivo del Paese, a cominciare da quello spaziale? Uno scenario inaccettabile per Ezio Bussoletti, professore ordinario di Fisica e Tecnologie Spaziali presso l’Università Parthenope di Napoli e membro del consiglio di amministrazione dell’Agenzia Spaziale Italiana, che in una conversazione con Formiche.net spiega perché la cessione di Avio condannerebbe l’Italia a divenire definitivamente una nazione di serie-B.

Professore, perché tanto interesse intorno alla tecnologia italiana se – come dice Moody’s – è solo “spazzatura” nel caso di Finmeccanica?
Mi pare ormai evidente che qualunque valutazione pubblica proveniente fuori dai nostri confini (e a volte anche dall’interno) sia finalizzata ad abbassare la valutazione delle nostre aziende, a tutto vantaggio si chi voglia acquistarne proprietà, quote, azioni. Il mondo sta facendo shopping della nostra industria e c’è ora il chiaro tentativo, mai celato e intrapreso da anni, di prendersi quel che resta: Finmeccanica, Avio…

Proprio Avio sembra aver scatenato i maggiori appetiti. Che ne pensa di una sua cessione ai francesi, come ipotizzato in un articolo del Corriere della Sera?
La vendita di Avio sarebbe un grandissimo errore strategico, perché è un asset di rilevante livello tecnico-scientifico per le sue implicazioni di know-how, civili e militari, come tutto il settore spaziale. È la migliore azienda al mondo per la produzione di razzi a solido. Non possiamo svendere questo patrimonio di tecnologia, perché non ha un valore economico, ma strategico, ed è assolutamente superiore a ciò che si incasserebbe.

Cosa si dovrebbe fare per impedire che ciò accada?
Quello che un governo serio dovrebbe fare è organizzarsi per garantire l’italianità di asset di questo tipo. Ci sono molti modi, uno di questi è l’intervento dello Stato con la Cassa Depositi e Prestiti, una soluzione di cui, tra l’altro, si parla molto in queste ore. Oppure si chieda a privati italiani, che ci sono, di entrare in una iniziativa come questa.

In caso contrario?
In caso contrario avremmo fatto la scelta decisiva di diventare un Paese di serie B. Perché è questo che ci si prospetta, se guardiamo alla storia degli ultimi 60 anni.

Qualche esempio?
L’Italia ha svenduto ogni suo asset pregiato. Prima ci siamo giocati Olivetti nelle tlc. Poi è stato il turno del comparto chimico-farmaceutico, che aveva prodotto anche un premio Nobel come il professor Giulio Natta. Anche in quel campo siamo scomparsi. Reggiamo ancora in quello dell’energia, con Eni, ma non si sa per quanto, visto che abbiamo totalmente messo da parte il nucleare e la sua tecnologia, vivendo per qualche tempo il paradosso di costruire centrali in altri Paesi, ma di non poterlo fare in casa nostra. Con il risultato evidente che oggi per le aziende italiane il costo dell’energia è in media di circa il 30% superiore a quello dei diretti concorrenti. L’ultima punta di diamante che ci resta è la parte aeropaziale di Avio.

L’esecutivo le pare intenzionato a salvare Avio dalle mire straniere?
Me lo auguro fortemente. Per ora prendo atto che il ministro per lo Sviluppo economico del precedente governo, Corrado Passera, aveva detto con nettezza che non solo Avio dovesse rimanere italiana, ma che sarebbe dovuta confluire in Finmeccanica per essere meglio protetta, data la sua importanza. Da questo governo, invece, non ho ancora sentito frasi così decise, il che mi preoccupa.

E da cosa crede sia dettata questa incertezza?
In primo luogo dall’incomprensibilità della fase politica che vive il Paese. In teoria siamo di fronte a una “grande coalizione”, che dovrebbe facilitare la collaborazione e quindi la difesa dell’interesse nazionale. Nei fatti, invece, assistiamo a un Parlamento in cui ognuno procede per conto suo, senza tener conto della situazione generale e dei rischi immensi che corriamo.

Ovvero?
Non so cosa accadrà, probabilmente nessuno può dirlo in questo momento. Ma se dovesse perdere anche questi ultimi asset di qualità, l’Italia diventerebbe un grande luna-park a servizio di ricchi turisti di altri Paesi. Non ci resterebbe altro, per quanto possibile, sopravvivere col turismo, cosa che ad essere onesti non ci riesce neanche bene, visto che siamo la prima nazione al mondo per testimonianze storio-artistiche, ma anche quella che riesce meno a valorizzarle e preservarle. Probabilmente dovremmo soltanto dire a malincuore ai nostri figli: “Andatevene, finché potete”.


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