La separazione da Telecom della rete di accesso alla telefonia fissa può rappresentare una leva per il rilancio degli investimenti nelle Tlc. Ma apre interrogativi che interpellano l’ex monopolista, gli operatori concorrenti, le istituzioni, mentre la spagnola Telefonica sta per acquisire il definitivo controllo azionario di Telecom Italia.
Problemi irrisolti anche al termine del convegno promosso a Roma da I-Com, Istituto per la Competitività capitanato dall’economista Stefano Da Empoli. Un appuntamento che ha visto confrontarsi amministratori pubblici, responsabili delle autorità di vigilanza, politici e imprenditori su un terreno nevralgico per colmare il divario tecnologico e industriale del nostro paese rispetto all’Europa. Fossato che trova origine nella coesistenza di un mercato liberalizzato e di un network infrastrutturale posseduto dall’ex gigante di Stato come la componente più preziosa e redditizia del suo patrimonio.
I nodi irrisolti dello scorporo
Restano quindi prive di risposta le incognite sollevate all’indomani della decisione annunciata dal presidente di TI Franco Bernabè di procedere allo storico divorzio: tempi e spazi dello scorporo, missione della compagine azionaria e governance della Newco che governerà la rete, italianità del network e ricorso alla Golden share da parte del governo, ruolo di Cassa depositi e prestiti nel capitale, canone mensile dovuto a Telecom dagli altri soggetti.
Il ruolo di Cassa depositi e prestiti
L’interesse di CDP è stato ribadito dal suo presidente Franco Bassanini: “Come istituto finanziario con statuto di investitore privato ma con missione pubblica di promozione di infrastrutture strategiche grazie al risparmio dei cittadini, vogliamo essere coinvolti nello sviluppo di una rete moderna di telecomunicazioni fondamentale per la sua competitività”. La ragione è semplice: mentre nel mondo della connessione mobile in rapida e frenetica espansione si possono attendere ritorni economici a breve termine, nella costruzione di una rete di accesso fissa a fibra ottica e non più in rame bisogna aspettare più tempo. E dunque servono investitori di lungo periodo, come le istituzioni finanziarie con missione generale quali le Casse depositi e prestiti o i fondi pensioni e assicurativi sulla vita. Il che non comporta, rileva l’ex ministro della Funzione pubblica e attuale presidente della Cassa depositi e prestiti, “trasferimenti pubblici diretti, non immaginabili visto che le risorse disponibili devono essere orientate alla riduzione del debito e della pressione fiscale”. La strada da privilegiare è rendere CDP il polo di attrazione dei capitali privati in investimenti infrastrutturali, tanto più importanti in un settore i cui costi negli ultimi vent’anni sono diminuiti. Tuttavia per ora anche da parte di Bassanini prevale la linea della prudenza: nessuna parola viene pronunciata sull’entrata di CDP nel capitale e nella governance della nuova società di gestione della rete di accesso.
La voce del governo e delle authority
Fortemente convinto della bontà del passo compiuto da Telecom è Antonio Catricalà, viceministro per lo Sviluppo economico, che guarda allo scorporo della rete come al “compimento dello splendido processo di liberalizzazione delle telecomunicazioni avviato vent’anni fa e sconosciuto ad altre realtà occidentali”. Se il governo non ha finora fatto ricorso ai poteri speciali previsti dalla Golden share, rimarca l’ex presidente dell’Antitrust, è perché ha temuto che un comparto così aperto e dinamico avrebbe perduto competitività. Ma ciò non gli impedisce di “voler favorire la partecipazione di Cassa depositi e prestiti a un progetto imprenditoriale che potrebbe rivelarsi fonte enorme di profitti e opportunità”.
Rimane in posizione di vigile attesa Antonio Preto, Commissario dell’Autorità garante per le comunicazioni: “Abbiamo ritenuto sera e affidabile la proposta di Telecom, ma intendiamo verificarne la concreta attuazione soprattutto sull’ampiezza della trasmissione di rete e sulla governance della società di gestione. Perché per esercitare il ruolo attribuito all’AGCOM di fissazione dei costi di accesso al servizio è necessario integrare investimenti e concorrenza”.
Più fiducioso nel tasso di concorrenzialità del mercato italiano delle telecomunicazioni è Salvatore Rebecchini, componente dell’Autorità Antitrust: “Se il network di Telecom non ha suscitato finora gli interventi sanzionatori provocati dalle reti monopolistiche di distribuzione del gas e dell’energie elettrica, è perché in molte aree del paese esso può essere riprodotto da parte dei competitori come rivela l’esperienza di Fastweb”. Ma affinché la separazione proprietaria produca i suoi effetti per la parità e l’apertura di accesso a tutti gli attori, attuali e futuri, è necessario valutare diversi aspetti: “La distinzione della Newco di gestione della rete rispetto al suo proprietario di partenza. E le conseguenze che provocherebbe l’ingresso di CDP, titolare dell’azienda Metroweb attiva nella creazione e modernizzazione degli impianti di trasmissione di Tlc e in potenziale conflitto di interessi”.
L’adesione della politica, italiana ed europea
Un consenso alle prospettive aperte dalla scelta del management di Telecom proviene dal mondo politico, se pur con accenti e sensibilità differenti. Nel centro-destra Maurizio Gasparri invoca un “forte intervento delle istituzioni orientato alla modernizzazione della rete di telecomunicazioni in un mondo in cui Microsoft assorbe Nokia”. Lo fa, “senza dirigismi o volontà di esproprio”, in nome della salvaguardia dell’italianità del network di accesso alla telefonia fissa. Nel versante di centrosinistra Paolo Gentiloni ritiene essenziale “evitare lo spezzettamento di una ricchezza nevralgica sul piano industriale e occupazionale: valori prioritari rispetto alla tutela del carattere nazionale del network, che se indispensabile può essere venduto a investitori istituzionali stranieri”. Compito del ceto politico, puntualizza l’ex ministro delle Comunicazioni, è “garantire anche tramite il ricorso alla golden share l’universalità di accesso alla rete e il patrimonio delle sue informazioni”.
La rilevanza di un intervento pubblico nazionale per favorire e attrarre investimenti da parte di robusti gruppi privati viene evidenziata da Antonio Tajani, vicepresidente Commissione Europea e Commissario Ue per l’industria e l’imprenditoria. Per promuovere la modernizzazione digitale e arrivare entro il 2020 a una copertura integrale della popolazione europea con la banda larga e le autostrade telematiche l’esecutivo di Bruxelles ha investito 80 miliardi di euro. Ma per affiancare al Fiscal Compact un Industrial Compact anche nel campo delle telecomunicazioni, è doveroso secondo Tajani attuare lo scorporo della rete di accesso Telecom – coerente con le linee comunitarie di superamento delle barriere nel mercato interno – e uniformare i costi a carico degli operatori nei vari paesi europei. Prezzi che si ripercuotono sugli stessi consumatori, come dimostrano le alte tariffe supplementari per le telefonate dall’estero.