Si dice che quando abbiano passato il telefono al ministro Maurizio Lupi per informarlo che si sarebbe dovuto dimettere, fosse a messa e nel momento dello scambio della pace. E proprio la pace dei cattolici moderati potrebbe essere il fil rouge, utile a costruire un gruppo di nuovi responsabili (“ma non paragonateci a Scilipoti“, chiede un alto dirigente pidiellino) in grado di assicurare una nuova maggioranza per un governo di scopo.
Pontieri
Sin dai primi minuti in cui il comunicato di rottura era partito da Arcore, i pontieri montiani e centristi si sono messi al lavoro: obiettivo, agganciare da un lato gli azzurri governativi, come le colombe cielline e quei parlamentari contrari alla crisi, sia i possibili dissidenti grillini (il senatore Orellana si dichiara disponibile da giorni su questa linea). Sui primi starebbero premendo, secondo alcuni rumors, esponenti vicini al ministro della Difesa Mario Mauro per conto dei montiani che vedono la crisi in questo momento come un danno incalcolabile per un Paese che non ha ancora né la legge di stabilità né la nuova legge elettorale. E che tra l’altro sposano le parole pronunciate a caldo ieri dal numero uno di Italia futura Luca Cordero di Montezemolo.
Luca dixit
“Le dimissioni dei ministri del Pdl, in un momento difficilissimo per il Paese, sono un atto di grave irresponsabilità” dice Montezemolo che poi si rivolge ai pidiellini più ragionevoli. “Spero che persone come Lupi, Quagliariello, Sacconi, Gelmini, Lorenzin e lo stesso Alfano, riflettano bene prima di decidere di assecondare, fino alla fine, una deriva populista e irresponsabile che riporta il paese sul ciglio del baratro e che non corrisponde al sentire di milioni di elettori moderati”.
Scenari
Ecco il punto. Perché se i berlusconiani di stretta osservanza come lo stesso segretario Alfano e Gelmini hanno comunque espresso sic et simpliciter il proprio sì ai desiderata del leader, gli altri sono quantomeno in attesa di capire quali spazi di movimento potrebbero aprirsi. La conta di chi ci sta per nuova maggioranza si protrarrà ovviamente sino al giorno cerchiato di rosso sull’agenda di tutti: martedì. Quando, dopo la capigruppo di lunedì, si procederà al voto di fiducia per un governo di scopo che porti avanti la legge di stabilità, che cambi il Porcellum: ma non tanto sulle liste bloccate, è la vulgata che circola nelle ultime ore, quanto sugli aspetti che potrebbero essere giudicati incostituzionali e che alla fine sono gli stessi che non garantiscono la governabilità (anche se non è tramontata la fazione di chi punta ad un proporzionale secco).
Trattative
Prossima fermata i grillini dissidenti. Il movimento del comico genovese appare sempre più spaccato: accanto agli ortodossi pro Grillo, sta crescendo esponenzialmente la fronda governativa che non intende terminare dopo soli sette mesi la propria esperienza parlamentare. Per cui sarebbero pronti a votare la fiducia ad un esecutivo di scopo guidato da un esponente terzo che non sia il premier uscente Enrico Letta. I primi nomi fanno riferimento al presidente del Senato Pietro Grasso, che ieri ha scelto di non commentare l’apertura della crisi. A ciò si aggiunga la pattuglia dei siciliani pidiellini capitanati dal senatore Giuseppe Castiglione, che già da quando l’aria nella giunta per le elezioni del Senato si faceva pesante, aveva annunciato la sua indisponibilità alla caduta del governo Letta.
twitter@FDepalo