Il futuro dell’energia è arduo: la domanda globale di energia primaria salirà di un valore compreso tra il 27 e il 61% entro il 2050, oltre un miliardo di persone vive ancora senza elettricità e quasi tre miliardi di esseri umani cucina con metodi rudimentali. Sono questi alcuni dati emersi nell’ultimo World Energy Trilemma, il rapporto che valuta per 129 Paesi nel Mondo i tre aspetti fondamentali del concetto di “sostenibilità energetica”.
Un problema sfaccettato, un “trilemma” come viene definito dal World Energy council (Wec), dove per poter parlare di politica energetica bisogna poter bilanciare tre elementi essenziali: la sicurezza delle forniture, l’equità dell’accesso alle fonti e la riduzione dell’inquinamento ambientale.
Una nuova logica
Il sito Energia24 traccia un parallelo con le consuete graduatorie sullo stato di salute della green economy, come ad esempio quella rilasciata ogni tre mesi da Ernst&Young. “Lì abbiamo visto un podio composto da Stati Uniti, Cina e Germania”, complici “aspetti macro economici (facilità di accesso al credito, norme favorevoli agli investimenti stranieri, stabilità politica e così via), oltre naturalmente ai parametri direttamente collegati allo sviluppo delle varie fonti rinnovabili”.
La logica alla base del Wec è un’altra: mostrare la sostenibilità di tali investimenti con uno sguardo a 360 gradi.
La classifica
In cima all’indice sulla sostenibilità energetica si attestano nazioni europee con elevato Pil pro capite, basate sulla diffusione delle tecnologie pulite superiore al 25% del mix elettrico complessivo. Al primo posto c’è la Svizzera, seguita dalle scandinave Danimarca e Svezia. Poi Austria e Gran Bretagna davanti al primo Paese extra Ue, il Canada.
Stati Uniti
In base a questa nuova logica gli Stati Uniti si collocano al quindicesimo posto dell’indice: il loro bilanciamento del “trilemma energetico”, come evidenzia il rapporto nella scheda dedicata agli Usa, è tipico di un’economia alimentata dalle fonti tradizionali. Ottimi risultati ottengono invece sul fronte della sicurezza degli approvvigionamenti, grazie soprattutto al boom dello shale gas e da non sottovalutare il fatto che gli Stati Uniti offrono accesso all’energia al 100% della popolazione. Nonostante l’ingresso sempre più massiccio di parchi eolici e solari il mix delle fonti rimane a prevalenza fossile con elevate emissioni di CO2.
La Cina
Il Paese del Dragone occupa la settantottesima posizione sui Paesi considerati dal Wec. A gravare su Pechino sono gli scarsi miglioramenti ottenuti nell’accesso universale all’elettricità e ai combustibili, oltre al tasso elevato d’inquinamento provocato da una Nazione “altamente industrializzata”.
E l’Italia?
Ferma al ventottesimo posto, l’Italia arranca sul fronte della sicurezza degli approvvigionamenti. Come si legge nella scheda dedicata, il nostro Paese produce soltanto il 17% dell’energia che consuma. Tra i punti deboli compaiono poi le bollette, appesantite dagli oneri di sistema e dai costi crescenti delle importazioni di petrolio e gas.