Un nuovo picco di inquinamento atmosferico è piombato in Cina a ricordare un problema dal quale non si può più fuggire. Secondo i dati diffusi oggi dal Centro di monitoraggio ambientale della municipalità di Pechino, citato dall’agenzia Bloomberg, il livello di qualità dell’aria registrato in metà delle 12 zone urbane della capitale è sceso sotto 200, cifra spartiacque tra livello medio e grave dell’inquinamento.
Riaperte strade e aeroporti a Pechino e nelle zone circostanti dopo la chiusura imposta ieri, le autorità cinesi continuano a lavorare al piano per ridurre fino al 25 per cento il livello dell’inquinamento atmosferico a Pechino e nelle grandi città del Paese entro il 2017 presentato il mese scorso.
Una missione che secondo Massimo Martinelli, esperto e consulente di tematiche ambientali per il Ministero dell’Ambiente, è stata intrapresa con grande impegno e serietà dalle autorità cinesi. Insignito del premio Friendship Award dal vice premier Ma Kai per aver contribuito allo sviluppo della Cina collaborando al Programma di Collaborazione Italo Cinese nel campo della Protezione Ambientale voluto dall’ex ministro Corrado Clini fin dal 1999, Martinelli si è dedicato a progetti di edilizia sostenibile, alla diffusione di impianti di energia solare in zone remote come la Mongolia o il Tibet e all’introduzione di tecniche agricole contro la lotta alla desertificazione.
Le cause
Martinelli in una conversazione con Formiche.net ridimensiona le critiche occidentali e offre una chiave di lettura rispetto alle problematiche ambientali della Cina: “Fin dalla fondazione della Repubblica popolare cinese il Paese viveva una profonda situazione di povertà in cui prioritario era lo sviluppo. Solo intorno agli anni novanta si cominciò ad occupare di Ambiente, con un ritardo di circa quaranta anni rispetto all’Occidente”.
Da non sottovalutare secondo l’esperto sono anche le dimensioni: “La natura dei problemi cambia drasticamente quando si ha a che fare con città da venti milioni di abitanti”.
I progressi, le proteste e il consenso
“I progressi però sono innegabili – aggiunge Martinelli –. Il premier Li Keqiang e il Presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping stanno mettendo molta enfasi sul problema ambientale. La spinta propulsiva giunge anche dalla popolazione che vive nella parte orientale della Cina dove la crescita del benessere sta portando a rivendicare una migliore qualità dei cibi, delle acque e dell’aria”.
A testimonianza del fatto che quelle ambientali sono tematiche scottanti per gli abitanti del paese asiatico basti considerare che circa il 70% delle proteste popolari nascono da problematiche legate all’ambiente.
Tenacia e consenso politico sono quindi per Martinelli due elementi che lasciano sperare in un futuro più green per la Cina.