Quando dalle colonne del Corriere della Sera l’ex ministro del welfare Maurizio Sacconi dice, a proposito della richiesta fittiana del congresso Pdl, che lo fa “tornare giovane a un tempo andato”, offre i codici per decrittare la miriade di stop and go che il partito azzurro sta vivendo al proprio interno. E che, altro non fanno, se non dare credito alla tesi che, nitidi, si possono individuare ormai tre fronti che coabitano forzatamene nel Pdl: alfaniani di governo e di prospettiva, lealisti fittiani con l’obiettivo (come insinua più d’uno) di far rientrare in gioco i falchi sconfitti dal voto di fiducia e appunto i mediatori. Tutti con peculiarità determinate, ma con la novità rappresentata proprio dai mediani alla Sacconi.
Terra di mezzo
Niente congresso, ma primarie prima delle elezioni propone il presidente della Commissione Lavoro di Palazzo Madama. E in attesa della replica che il punto di riferimento dei lealisti, Raffaele Fitto, farà questa sera negli studi televisivi di Ballarò anticipata, forse, da un colloquio con Silvio Berlusconi di ritorno a Roma dopo tre giorni di “black out telefonico” sull’asse Arcore-Maglie. Primo passo la stabilità. La conferma della collaborazione tra il fondatore (Berlusconi) e il delfino da lui designato (Alfano) è “garanzia di unità e di sostegno all’esecutivo” aggiunge Sacconi, nella consapevolezza che il problema è e sarà anche un altro: come essere nel governo e nel paese parte attiva di questa maggioranza anomala; e come essere maggioritari domani quando l’esperienza delle larghe intese esaurirà la propria spinta propulsiva. Un Sacconi, insomma, che appare moderato e guardingo ma che non lesina di farsi visionario per anticipare giustamente dinamiche e scenari che andranno valutati e analizzati già da oggi: per evitare di rimanere imbrigliati in una sorta di labirinto fazionistico.
I mediani
Sacconi, al di là delle posizioni note su radici partitiche (“l’identità prevalente della coalizione deve essere laica, cristiana, moderata”) e rapporto con il governo (“la legge di Stabilità deve essere davvero triennale, disegnando un percorso di riduzione delle tasse”), esplicita una posizione mediana e dialogante che poggia su due elementi: leadership non a scatola chiusa di Angelino Alfano ma anche no al congresso, voluto invece fortemente dai lealisti. Una sorta di tavolo diplomatico permanente che vuole essere un ponte tra alfaniani e fittiani, con il marcato obiettivo di stemperare la tensione tra le due fazioni e dissodare il terreno della divisione, come dimostrano i primi pollici alzati ad esempio da Mariastella Gelmini. Una posizione su cui, prevedibilmente, si registrano appoggi dagli ex An Altero Matteoli e Maurizio Gasparri, avversari da sempre dei movimenti tellurici che favoriscono spaccature e divisioni.
Sorprese
Ma il vero banco di prova del tentativo mediano, a questo punto, potrebbe essere quello da un lato di attendere come i lealisti alzeranno la posta in gioco: quindi se Berlusconi proseguirà o meno nella chiusura totale ai vecchi riti della politica rissosa che da sempre ha individuato in congressi e tessere; e dall’altro se il leader, sempre più preso dalle vicende giudiziarie, perdonerà prima il delfino Angelino (“colpevole sic et simpliciter di tradimento” sentenzia un berlusconiano legato a Publitalia) o prima l’ex delfino salentino (“che sconta ancora candidature non vincenti nella sua Puglia”, ammette una fonte governativa azzurra). A quel punto qualcosa, ma solo qualcosa, sarà più chiara.
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