La sua è la prima candidatura ufficiale alla guida del centro-destra in vista di possibili elezioni primarie. Con un programma economico focalizzato sull’asse riduzione del debito-taglio della spesa pubblica-abbattimento del prelievo fiscale Flavio Tosi vuole fare sul serio. E sembra avere più di una chance, visto che le storiche parole d’ordine della Lega Nord, il suo partito di provenienza, restano sullo sfondo in una campagna rivolta all’intero Paese, Mezzogiorno compreso.
A riflettere con Formiche.net sulle prospettive e le potenzialità della corsa del primo cittadino di Verona è Stefano Bruno Galli, professore di Teoria e Storia della democrazia e Storia delle dottrine politiche all’Università Statale di Milano. Studioso del federalismo, del costituzionalismo e del nazionalismo, presidente del gruppo Lista civica per Roberto Maroni nell’assemblea regionale lombarda, è ritenuto il consigliere politico-culturale più ascoltato dal leader del Carroccio 2.0.
Ritiene convincente il profilo “nazionale e inclusivo” della candidatura di Flavio Tosi con il suo accento sui temi economico-sociali rispetto ai tradizionali cavalli di battaglia della Lega Nord?
Lo spazio politico c’è. È generato dalla probabile frattura in seno al centro-destra. Da un lato Forza Italia con i cosiddetti “falchi” e dall’altro il Pdl delle “colombe”, a prevalente trazione romano-centrica e a vocazione centrista. Al Nord, questa frattura creerà appunto uno spazio e libererà voti: si tratta di quegli elettori che non se la sentono di sostenere FI e, nello stesso tempo, non si vedono rappresentati dal partito “romano”.
Il primo cittadino di Verona ha lo spessore adeguato e concrete possibilità per aspirare alla guida del centro-destra?
Tosi ha il profilo di un ottimo amministratore, capace ed efficiente. In questo senso è politico concreto e pragmatico. Perciò ha puntato tutto sugli aspetti economici e sociali e sui problemi amministrativi, peraltro enfatizzati dalla grave crisi in atto.
Come reagirà il Carroccio e la sua base alla corsa del “sindaco ribelle”?
Il moderatismo del progetto politico di Tosi è molto rassicurante. Certo, qualche palato nostalgicamente secessionista o indipendentista potrebbe rimanere deluso o quanto meno indifferente rispetto a questa proposta. La questione settentrionale, oggi, ha una dimensione economica e sociale, riguarda le imprese e le famiglie. E poggia su una leadership produttiva del Nord ridimensionata dalla crisi e da una vessazione fiscale intollerabile, che ha messo in ginocchio i ceti produttivi. Bisogna esserne consapevoli e adattarsi al mutamento, pena l’esclusione dalla storia.
Quali sono i punti più interessanti e condivisibili del suo progetto?
Il federalismo a geometria variabile di stampo spagnolo. Riforma realizzabile a Costituzione vigente, ricorrendo all’articolo 116 della Carta. È una prospettiva concreta e auspicata da più parti, anche perché non è più eludibile il rapporto tra il Prodotto interno lordo territoriale e la spesa pubblica locale. Un rapporto che coinvolge le scelte e le politiche pubbliche del presente e del futuro.
Vede una contraddizione tra la forma di governo e la legge elettorale da lui caldeggiate, peraltro in grande affinità con Matteo Renzi?
Sinceramente no. Ma a una condizione. L’architettura istituzionale semi-presidenziale e presidenziale si conciliano, in termini di forma di governo e legge elettorale, con il federalismo. Su due piani diversi, garantiscono infatti l’unità e nello stesso tempo lasciano uno spazio importante per la tutela e la valorizzazione delle diversità territoriali.
Come valuta il suo programma economico?
Il progetto di Tosi contiene proposte note e largamente condivise, come la riduzione del perimetro della spesa pubblica, il taglio agli sprechi e l’adozione dei costi standard. La rinegoziazione dei patti finanziari con l’Unione Europea è poi necessaria, perché bisogna indebolire il valore della moneta unica allo scopo di ridare competitività al sistema economico e produttivo delle aree virtuose, specie del Nord. Altrettanto decisivo è il tema del Welfare. Nelle democrazie contemporanee rappresenta uno dei capitoli più rilevanti della spesa pubblica, dove si annidano sacche di privilegi e tanti sprechi. Al di là del principio del “Welfare to work”, sono convinto che solo una radicale territorializzazione dello Stato sociale possa rendere gli interventi pubblici più equi ed efficaci.
Netta ostilità verso lo “ius soli”. Possesso del permesso di soggiorno prima di partire. Respingimenti come quelli attuati da Grecia e Spagna per arginare le “tragedie del mare organizzate dai racket malavitosi”. Coinvolgimento dei partner europei nell’accoglienza dei profughi. La piattaforma di Tosi sul tema immigrazione è efficace?
La legge Bossi-Fini, sostengono i più accreditati istituti di ricerca, è una delle più liberali in materia di immigrazione: si tratta solo di applicarla. Ma il problema del diritto d’asilo, dei profughi e dei rifugiati, si colloca su un piano diverso ed è connesso anche alle operazioni di pattugliamento. Sarebbe una buona soluzione effettuare severi controlli fin dalla partenza. Ciò al di là di ogni ideologizzazione del problema, che non consente di guardare bene nel fenomeno generale dell’immigrazione e di comprendere le ragioni di chi fugge dai conflitti.