Saranno l’occhio elettronico che controllerà le coste del Nord Africa nell’ambito dell’operazione “Mare nostrum”, la missione militare e umanitaria per assistere i migranti.
Sono i droni MQ-9A Reaper “Predator B”, costruiti dalla General Atomics Aeronautical Systems, affiliata di General Atomics, a sua volta divisione aeronautico-spaziale del colosso americano General Dynamics, quinto contractor al mondo nel settore della difesa con base a West Falls Church, Fairfax County, Virginia.
COME SONO FATTI
Il Predator B è un aeromobile a pilotaggio remoto (APR) impiegato dall’Aeronautica Militare – che ne avrebbe ordinato sei unità – per assolvere missioni di ricognizione, sorveglianza e acquisizione obiettivi. Il velivolo, di dimensioni maggiori rispetto al Predator “A Plus” grazie al motore di maggiore potenza e all’autonomia più estesa, permette di ottenere prestazioni superiori nella condotta di missioni ISR (Intelligence, Surveillance, Recognition). Ha un’apertura alare di 20,1 metri, una lunghezza di 10,8 metri e un’altezza di 3,8 metri. Raggiunge una velocità massima di 445 Km all’ora grazie a un impianto propulsivo Turbo Prop 900 HP.
A COSA SERVONO
I Reaper sono in grado di assolvere un ampio spettro di compiti con notevole flessibilità d’uso, versatilità ed efficacia operativa. In particolare, consentono di verificare l’eventuale presenza di minacce quali, ad esempio, dispositivi gli ordigni esplosivi improvvisati che rappresentano il pericolo più insidioso e comune nei teatri operativi odierni. Ulteriori capacità riguardano la possibilità di assicurare lo svolgimento di missioni anche in scenari non permissivi, come in presenza di contaminazione nucleare, biologica, chimica o radiologica. Possono essere impiegati anche per l’acquisizione di dati relativi a obiettivi e aree potenzialmente oggetto di operazioni, attività di ricerca e soccorso, controllo dei confini, controllo ambientale, supporto alle forze di polizia nonché intervento in caso di calamità naturali. Dotati di radar ad apertura sintetica, sensore ad infrarossi ed ottica, “il loro principale vantaggio – spiega a Formiche.net Gianandrea Gaiani, direttore di Analisidifesa.it – è di avere una lunga autonomia, quasi 30 ore, e un basso costo per ora di volo rispetto a veicoli guidati“. Con quali limiti militari e operativi? “I sensori di cui sono dotati i Reaper – aggiunge l’esperto – consentono di rimanere a una ragionevole distanza dalle coste e dallo spazio aereo libico, senza penetrarlo ma sorvegliando ogni movimento sul mare e ogni imbarcazione in uscita dai porti“.
COME SARANNO UTILIZZATI
Ma a cosa serviranno i droni nel pattugliamento delle coste? “Generalmente usati in zone di guerra come Iraq e Afghanistan, è una delle primissime volte che il loro uso viene fatto in mare. Tra le loro capacità – continua Gaiani – c’è quella di trasmettere immagini ad alta risoluzione anche ad elevata distanza. Per capire come saranno usati, però, – commenta – bisognerà capire qual è l’obiettivo preciso di questa missione. Se è quello di controllare la partenza dei barconi e quindi di soccorrere gli immigrati una volta entrati nelle nostre acque o se di impedire che partano dalle coste nordafricane. Un’eventualità, la prima, che sentirei strategicamente di escludere e sconsigliare, perché potrebbe costituire per gli scafisti la garanzia che i loro viaggi vadano a buon fine, moltiplicando i loro affari anziché stroncarli. Così si alimenterebbe un’emergenza senza fine“.