La vicenda Alitalia dimostra come in Italia i tic tipici della community mediatico-politica siano sempre gli stessi. Litigare sulle persone, sulle colpe e non cercare di capire i problemi trovando soluzioni.
IL TRACOLLO BELGA
Contro il mostro – oggi Alitalia versione CAI – vale sempre tutto anche sostenere che nel giro di poche settimane le rotte abbandonate a Zurigo e Bruxelles da Sabena e Swiss Air sono state sostituite da Swiss e Brusseles Air. Poi uno guarda i dati e vede che Sabena – compagnia di bandiera belga – fallisce nel 2001 ed il traffico nel loro HUB (Bruxelles) tracolla; infatti se nel 2000 era di 22 milioni di passeggeri passa a 14 nel 2002. Un crollo del 27%, che dura fino ad oggi (19 milioni di passeggeri nel 2012). Un disastro vero e proprio.
IL FALLIMENTO ELVETICO
E l’esperienza svizzera racconta la stessa storia. La loro compagnia di bandiera fallisce nel 2002 ed il traffico nell’ HUB di Zurigo crolla dai 23 milioni di passeggeri a meno di 18. Un meno 19% secco nell’anno. E quando recupera Zurigo? Esattamente dieci anni dopo, infatti, è solo nel 2012 che i passeggeri superano quelli del 2000.
IL MODELLO AIR FRANCE-KLM
Altro esempio il de-hubbing di Alitalia, fatto male e di fretta, da Malpensa del 2008. Meno 6 milioni di passeggeri all’anno (su 24 pre de-hubbing) per il nostro scalo. Esempio, virtuoso ed opposto, è Amsterdam-Shiphol post integrazione tra Air France e KLM nel 2004. Lo scalo di Shiphol è passato, infatti, da 40 nel 2003 ad oltre i 50 di quest’anno.
UN SISTEMA COMPLESSO
Tanti esempi diversi che dicono la stessa cosa. La gestione in discontinuità di una compagnia di bandiera non sembra una scelta razionale. Poi certo ci sono tanti fattori da considerare, tra cui il ruolo fantastico delle low cost e la virtuosa concorrenza dei treni veloci. Il sistema dei trasporti è complesso ed è necessario ragionare in prospettiva e con calma.
BANDO AL CAMPANILISMO
Certo, ma non bisogna essere tifosi. Ed è invece da tifosi, secondo me, non ricordare i 2,5 miliardi di perdite nette di Air France degli ultimi 3 anni contro – nello stesso periodo – i 650 milioni di CAI, la nuova Alitalia. Tra l’altro – ricordiamolo – i soldi persi da CAI, 1200 milioni e non 300, sono privati. Privati per la prima volta da quando c’è Alitalia, cioè da oltre 60 anni. Come sembra poco cool spiegare con chiarezza come la mossa fatta dal Governo attraverso Poste fosse l’unico modo per evitare che Air France – tirandosi indietro sull’aumento di capitale come aveva dichiarato – potesse rilevare il business Alitalia (e degli HUB) per un tozzo di pane.
IL PROBLEMA OCCUPAZIONALE
Lasciando, ovviamente, i costi della liquidazione a tutti noi perché è ovvio che non puoi lasciare a piedi 14mila persone. E quindi via al cinema di scioperi, blocchi e conditi alla fine con una montagna di cassa integrazione. A chi conveniva il fallimento? Secondo me a nessuno. Certo si faceva un bel falò dei “pescecani” ed un bel processo magari non solo mediatico; e poi? Quando hai scassato un settore non torni più indietro. È perso per sempre.
POSTE: SINERGIA FRUTTUOSA?
A questo punto facciamo una domanda diversa. Sono buttati via i soldi, 75 milioni, che Poste Italiane mettono a disposizione? Forse si, forse no, vedremo quello che è certo è che invece che far intervenire Poste Italiane (chiaramente una pezza, una brutta pezza) si dovrebbe cambiare lo statuto del Fondo Strategico Italiano (FSI) allargandone il campo d’azione.
UNO SGUARDO LUNGO
In Italia dobbiamo poter avere a disposizione uno strumento, promosso dallo Stato, che abbia un orizzonte temporale di lungo periodo. Il caso della eventuale integrazione con Alitalia è sintomatico. Bisogna poter ragionare – come Soci – in grande ed a lungo periodo su tutto quanto è nel nostro interesse di italiani. Se si guardano i numeri l’Italia potrebbe tranquillamente essere parte di un network aereo forte che valorizza i propri HUB.
UN POTENZIALE CROCEVIA
Abbiamo tantissimo traffico pregiato in entrata ed in uscita. Questa la pietra su cui costruire (e negoziare) il nostro futuro. Alitalia con tutti i suoi errori non è da buttare, ma da gestire. Insomma il trasporto aereo è, come i giornali e tanti altri settori, in una fase di crisi e trasformazione. Usiamo questa discontinuità per uscirne più forti guardando sempre e solo al nostro interesse nazionale. Senza spararci sui piedi.
Andrea Tavecchio
Twitter @actavecchio
(Analisi pubblicata oggi sul quotidiano Il Foglio nell’ambito degli approfondimenti legati al manifesto appello dei liberisti)