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Tutte le magagne della scialba manovrina di Letta

Un giornalista di spirito, assistendo alla conferenza stampa del premier sulla Legge di stabilità, avrebbe dovuto chiedere la parola e rivolgere a Letta jr. la seguente domanda: “Scusi, presidente, ma se adesso noi tutti fingiamo di credere che quella che ci ha descritto rappresenti una manovra di bilancio “di svolta”, che cosa ci racconterà subito dopo: magari che Ruby Rubacuori è nipote di Mubarak come fece un suo illustre predecessore?”.

Le norme che smentiscono le parole

Occorre saper chiudere un occhio (talvolta anche tutti e due) per difendere il testo di un provvedimento che smentisce, norma dopo norma, quei principi che – a parole –  avrebbero dovuto ispirarlo.

La morsa del fisco

La pressione fiscale non diminuisce, anche se aumenta solo di qualche decimale di punto. Ma queste sono vaghezze che lasciamo al Pdl perché noi non abbiamo mai creduto che le tasse possano diminuire se non come conseguenza di tagli di spesa che interessano i grandi aggregati  di finanza pubblica, proprio quelli che spesso restano sulla carta.

Dietrofront sanitaria

Si sarà notata la clamorosa marcia indietro sulla sanità, capitanata dalla titolare del dicastero  Beatrice Lorenzin che ha reagito alla stregua di un consumato ministro democristiano della Prima Repubblica. E quando settori tanto importanti, in termini di  incidenza sul pil, sfuggono ad interventi di contenimento delle uscite non c’è spending review che possa compensare, tanto più quando questi interventi “all’inglese” vengono inseriti nella manovra per importi annui che si riducono, in percentuale sul totale della spesa pubblica, a prefissi telefonici di una media città di provincia.

Cuneo bluff

Gli ottoni dell’esecutivo hanno intonato la Marcia trionfale dell’Aida in particolare sul taglio del cuneo fiscale e contributivo. E’ bastata, però, qualche semplice operazione di aritmetica per quantificare l’operazione in cifre di poche decine di euro l’anno. Si dice che, procedendo l’iter legislativo, le risorse disponibili saranno concentrate su alcune categorie di lavoratori dipendenti particolarmente bisognosi. In questo modo, però, non si vede quale beneficio potranno trarre le imprese.

E Confindustria?

Ma tutto sommato, la Confindustria “di lotta e di governo” si merita di essere nuovamente  gabbata, perché un’associazione imprenditoriale che rivendica un taglio “orizzontale” del costo del lavoro è consapevole di un fatto: perché il provvedimento abbia effetto su tutto l’apparato produttivo, occorrerebbe un ammontare di risorse pari ad almeno 15 miliardi l’anno. Giorgio Squinzi si sarebbe accontentato di 5 miliardi: li ha ottenuti ma distribuiti in un triennio.

Parola ai numeri

In materia i numeri parlano da soli. Il cuneo fiscale del fattore lavoro ammontava nel 2012 a 386 miliardi di euro di cui 166 miliardi dal gettito Ire e 220 miliardi dai contributi sociali. La componente tassazione sulle imprese ammontava invece a 71 miliardi di cui 37 dal gettito Ires e 34 miliardi dal gettito Irap. In totale 457 miliardi.

Case tartassate

Se consideriamo la tassazione sugli immobili, il Pdl sarà pure riuscito ad abolire l’Imu sulla prima casa, ma il relativo gettito gli italiani se lo troveranno sulla seconda e sulle tasse dagli acronimi strani riguardanti i servizi pubblici aggregati alle abitazioni nella vita quotidiana di una qualunque città.

Casse municipali

Ben 2,9 miliardi sono stati liberati a favore dei Comuni, benché la finanza locale sia una quota rilevante della spesa pubblica (il 60% circa al netto dei grandi aggregati nazionali).

Dossier previdenziale

Quanto alle pensioni, in materia di rivalutazione al costo della vita, il ministro Giovannini ha tenuto conto di una proposta circolata nel dibattito delle scorse settimane riguardante la rimodulazione al ribasso, in via permanente, delle aliquote operanti sulle fasce più elevate, mediante l’introduzione di una nuova aliquota del 50% oltre le tre già previste del 100%, del 90% e del 75%.

Auspicate modifiche

In proposito, in sede parlamentare, sarà il caso di proporre una impostazione ancor più rigorosa, che coinvolga, al ribasso, oltre ai meccanismi di rivalutazione al costo della vita, anche la curva dei rendimenti nelle situazioni in cui si applichi il calcolo retributivo. La combinazione di queste proposte (revisione delle aliquote di rendimento e di rivalutazione) non determina effetti economici importanti nel breve periodo, ma i risparmi diventeranno significativi andando avanti di qualche anno.

Soluzione conveniente

Si tratterebbe di una soluzione più conveniente ed equa che non l’assalto demagogico alle cosiddette pensioni d’oro, dal momento che la nuova proposta, contenuta nel disegno di legge, ripete sostanzialmente quella già cassata dalla Consulta.

La novità

Di nuovo, nel disegno di legge, c’è la finalità di questo intervento  (il taglio della indicizzazione sulle quote superiori ai tremila euro lordi mensili) riconfermato per tutto il prossimo triennio: reperire ancora risorse a favore degli esodati. Che palle!


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