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Tutti gli attriti fra Papa Francesco e i tradizionalisti

Un minuto dopo l’uscita di Jorge Mario Bergoglio diventato Francesco sulla loggia delle Benedizioni, la sera del 13 marzo scorso, era chiaro che il dialogo con la Fraternità San Pio X, i lefebvriani, sarebbe morto.

Il Pontefice della Chiesa cattolica che rifiutava i simboli della tradizione così cara al gruppo di Econe, scismatico perché il vescovo Marcel Lefebvre si rifiutò di accettare il Concilio Vaticano II, non poteva essere gradito a coloro che non riconoscono il Concilio. Francesco si definiva “vescovo della Chiesa che presiede nella carità tutte le altre chiese”.

Il Papa poneva fin da subito l’ecumenismo al centro della sua missione, richiamandosi al dettato conciliare. Quell’ecumenismo che solo qualche giorno fa il superiore della Fraternità, Bernard Fellay, accusava di aver creato “tanti disastri alla chiesa e alle nazioni cattoliche”.

La certificazione della chiusura dei canali diplomatici è arrivata dall’America, dove Fellay partecipava a una conferenza. E’ lì che il superiore lefebvriano ha definito Bergoglio un “vero modernista” e intento a sconfessare i principi della dottrina cattolica. Poca chiarezza da parte del Papa gesuita, “che preferisce il ‘più o meno’ e il ‘circa’ e che se continuerà così dividerà la chiesa”.

“Le condizioni poste da Roma sono inaccettabili”
Francesco, ha aggiunto ancora, “ha tagliato le corde del paracadute” che Benedetto XVI aveva messo alla Chiesa per frenarne la caduta. Il destino, insomma, è segnato e ineluttabile. Ecco perché  “ringraziamo Dio per non aver firmato l’accordo con Roma per ristabilire la comunione”, ha spiegato Fellay. In effetti, la situazione era precipitata già un anno fa, quando la Fraternità di San Pio X decise di rispedire al mittente il testo che rimarginava la ferita. Le condizioni poste da Ratzinger non potevano essere accolte, a cominciare dalla sottoscrizione dell’ermeneutica della continuità: “E’ una cosa contro la realtà che non possiamo accettare, il Concilio non è in continuità con la Tradizione”, ha detto l’erede di Lefebvre. Nell’anno intercorso da allora, poi, la situazione è rimasta ferma.

Il ritorno di mons. Guido Pozzo
La commissione pontificia Ecclesia Dei (costituita nel 1988 da Giovanni Paolo II proprio allo scopo di ristabilire la piena comunione tra i tradizionalisti scismatici e Roma) ha visto venir meno il contributo di monsignor Guido Pozzo, promosso arcivescovo e nominato Elemosiniere di Sua Santità. Era il novembre 2012. Fino a quel momento e per tre anni, Pozzo aveva curato i rapporti con Econe, divenendo (anche per essere un conservatore) un trait d’union tra il Vaticano e la comunità scismatica. Con la sua promozione, il dialogo è progressivamente venuto meno, benché Pozzo avesse sempre chiarito che la condizione indispensabile per risolvere la questione sarebbe stato il pieno riconoscimento del Magistero dei papi del Concilio. Senza quell’atto, nessun risultato positivo sarebbe stato conseguito. La situazione subisce un cambiamento ai primi d’agosto di quest’anno: a sorpresa e in maniera inusuale, il Papa rimuove l’Elemosiniere dall’incarico che aveva ottenuto solo otto mesi prima. Guido Pozzo viene rimandato all’Ecclesia Dei per far posto al neoarcivescovo Konrad Krajewski. Una mossa che viene letta come l’intenzione di Francesco di riprendere i fili del discorso interrotto, di recuperare il tempo perso, sfruttando le conoscenze e la “pratica” sul campo di Pozzo.

“Ciò che dice il Papa è relativismo assoluto”
Ma le interviste di Francesco hanno scavato un solco sempre più profondo con Econe, al punto che Fellay arriva a dire che ciò che dice “l’attuale Papa è relativismo assoluto”. Parlando a Kansas City, il superiore lefebvriano smonta pezzo per pezzo, riga per riga, ogni parte degli interventi del Pontefice argentino a Repubblica e alla Civiltà Cattolica. “Non c’è nulla di cattolico” in quello che dice, chiarisce: “Vuole rivoluzionare la chiesa, l’ha detto agli otto cardinali” che compongono la consulta istituita per aiutarlo a riformare la curia romana. Non a caso, aggiunge Fellay, questo Papa ha detto che tra i suoi modelli c’è Carlo Maria Martini.


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